Terrorism & Digital Ecosystems
Abstract
La PMC Wagner è uno dei principali attori emersi durante il conflitto russo-ucraino. Lo studio si propone di indagare la presenza di ibridazione nella comunicazione della PMC Wagner su Telegram. Lo studio si basa sul caso studio di un canale che sfrutta la propaganda pro-IS e la simbologia jihadista con oltre 100.000 iscritti. L’analisi dei contenuti relativi al canale mostra una buona comprensione della propaganda dello Stato Islamico: replicano lo stile e diffondono materiale pro-Russia. Attraverso l’ibridazione comunicativa, il target di riferimento si amplia fino a includere musulmani estremisti galvanizzati dalla propaganda jihadista e veterani della PMC Wagner che hanno combattuto nella guerra civile in Siria e che sono entrati in contatto con la sottocultura violenta tipica dello Stato Islamico. Lo sfruttamento da parte della PMC Wagner di diverse forme di estremismo comunicativo è un fenomeno da monitorare poiché questa strategia consente di modulare i contenuti attraverso stili, linguaggi e simboli.
Keywords
PMC Wagner, Jihad, Propaganda, Telegram, Media House
Ali Fisher, Time to be realistic about Swarmcast 2.0: How terrorists use WhatsApp
Abstract
Questo articolo affronta due significative lacune nella letteratura attuale. In primo luogo, mette in discussione le affermazioni ortodosse secondo cui i salafiti-jihadisti sarebbero costretti a utilizzare piattaforme più piccole a causa del successo delle strategie di “deplatforming” adottate dai cosiddetti giganti di Internet; in secondo luogo, evidenzia la presenza significativa di reti salafite-jihadiste su WhatsApp. Con oltre due miliardi di utenti, WhatsApp è un gigante sociale a tutti gli effetti.
Attraverso la discussione delle reti su WhatsApp, l’articolo dimostra che mentre la metanarrativa occidentale è stata a lungo accettata dall’ortodossia degli studi sul terrorismo e risuona ancora negli eventi ospitati da enti finanziati dall’industria, la sfida incapsulata da Swarmcast2.0 rimane. I gruppi salafiti e jihadisti mediatici mantengono reti persistenti che funzionano su più piattaforme contemporaneamente, comprese quelle su alcune delle piattaforme più grandi.
Il documento sostiene la necessità di prestare maggiore attenzione a una comprensione autentica dei modi in cui i salafiti-jihadisti comunicano un significato condiviso e mantengono le reti. In conclusione, è necessaria una comprensione significativamente maggiore del modo in cui le reti salafite-jihadiste sono ancora in grado di operare sulle piattaforme più grandi, richiedendo una comprensione delle reti dinamiche in aggiunta ai file di contenuto statico che condividono.
Keywords
Swarmcast; networks; Salafi-Jihadi; terrorism; platforms;
Abstract
La presente pubblicazione mira a indagare le caratteristiche salienti dell’odierna minaccia terroristica di matrice islamista, elencare le più nocive criticità che questa pone in campo dapprima strategico e poi giuridico, esaminare con attenzione le peculiarità e gli attributi qualificanti dell’ordinamento giuridico italiano in materia di sicurezza nazionale e lotta al terrorismo, e analizzare infine la questione sul versante della cooperazione internazionale. Il polimorfismo e l’irriducibilità a schemi precostituiti che da sempre contraddistinguono i fenomeni di natura terroristica ci impongono un’analisi puntuale e scevra da generalizzazioni, volta a statuirne le proprietà con uno sguardo al presente – foreign fighters, terrorismo nucleare, Jihad 2.0, terrorismo transnazionale – e uno sguardo al passato storico. Sebbene negli ultimi anni l’incidenza dei fenomeni riconducibili al terrorismo radicale islamico si sia ridotta sempre più, in maniera proporzionale al progressivo smantellamento dello Stato Islamico e all’intensificarsi delle campagne search and destroy americane, condotte per mezzo di droni militari d’alta quota, tecnologie satellitari e operazioni di intelligence, è opportuno mantenere elevati standard di sicurezza e monitoraggio, giacché nuove potenziali minacce possono giungere inattese e senza grandi possibilità di previsione. D’altronde, le radici del problema rimangono sostanzialmente irrisolte – istanze religiose del fondamentalismo islamico radicale, presenza di regimi politici vicini alle correnti più estremiste della religione islamica, tendenziale marginalità delle popolazioni musulmane nell’ambito della società globale, l’insistenza di conflitti interetnici, interstatali e di guerre civili nelle regioni del mondo già colpite da fenomeni di povertà e dalle esternalità dei cambiamenti climatici – e non è del tutto inimmaginabile che un domani le politiche di contenimento delle società occidentali possano non bastare più a contenere le pressioni scaturenti da un problema sì represso e soffocato, ma di certo non debellato del tutto. Questa fase di calma più o meno apparente potrebbe peraltro essere intelligentemente impiegata per affrontare le annose e irrisolte questioni legate alla definizione del terrorismo sul piano internazionale e ai dilemmi della cooperazione interstatale in materia di antiterrorismo e di condivisione dell’intelligence, che come vedremo dettagliatamente rischiano di compromettere l’efficacia e la solerzia delle politiche di contenimento della minaccia terroristica messe a punto sul piano sia nazionale che internazionale. La pubblicazione che segue è suddivisa in due parti, o sezioni: nella prima, racchiusa nello scorso fascicolo della rivista, abbiamo affrontato le questioni menzionate sopra, mentre nella seconda, che state per leggere, affronteremo in maniera approfondita la questione inerente la tutela della sicurezza nazionale nell’ordinamento giuridico nazionale.
Keywords
Terrorismo, fondamentalismo jihadista, antiterrorismo, sicurezza nazionale, intelligence, cooperazione internazionale, terrorism, jihadism, counter-terrorism, homeland security, intelligence, international cooperation
Evolving security issues & perspectives
Abstract
Tra i vari fenomeni di ostilità e aggressione nei confronti di diversi gruppi, l’antisemitismo è diventato sempre più diffuso in Europa negli ultimi anni. Considerando le recenti crisi e l’emergere di traumi collettivi, crimini d’odio e nuove forme di antisemitismo si sono materializzati nel discorso politico e nella sfera digitale. Ciò sembra essere dovuto alla natura pubblica e interattiva delle nuove tecnologie dell’informazione.
Il fenomeno del neo-antisemitismo pone in questione problemi di natura identitaria nelle società multiculturali, in particolare le difficoltà di comprensione di altre culture e le lore storie o trasformazioni più recenti. Ciò ha eroso in modo significativo il rapporto tra la sfera pubblica e le società in rete, favorendo al tempo stesso sentimenti antisemiti, teorie del complotto, infodemie, nuove forme di razzismo e negazionismo difficili anche da riportare mediaticamente.
L’obiettivo generale di questo studio è quello di indagare la copertura dell’odio anti-migranti e delle forme oscurate di antisemitismo. Pur trattandosi di argomenti distinti, entrambi sono accomunati dalla presenza di narrazioni stereotipate, talvolta aggressive e confuse nel discorso pubblico. Il giornalismo spesso non riesce a identificare e rettificare queste narrazioni, perpetuando così il disordine dell’informazione.
Keywords
Migration; conspiracy; journalism; media; discrimination; hate speech, migrazione; cospirazione; giornalismo; media; discriminazione; discorso di odio
Kamil Yilmaz, Hate speech predicts engagement on social media: A case study from Turkey
Abstract
What drives engagement on social media has been the focus of social scientific inquiry especially in recent years. Among various established predictors of virality on social media are emotional language, language about in- and out-groups, and notions of positivity and negativity. In light of prior work, this study explores whether hate speech in the form of demonization of a social group is associated with engagement on social media by using a case study from Turkey: The Gülen Movement (GM), a once-admired social movement that has been going through a decade-long demonization, stigmatization, criminalization and persecution. The results show that demonizing language against GM (a specific out-group) is a strong predictor of virality in three of the largest social media platforms in Turkey’s social media ecosystem: Facebook, Instagram and Twitter. The results also show that demonizing language about a specific out-group has the largest effect size compared to other well-established predictors of virality such as the moral-emotional language, language about the in-group and language about the (general) out-group.
Keywords
Hate speech, demonization, social-media, specific out-group, Gülen Movement, Turkey
Barbara Lucini, Medical Intelligence: definizione, metodi, prospettive e gruppo nazionale Medint
Abstract
This paper, for the first time in Italy, offers a reflection on the theme of Medical Intelligence which has become increasingly crucial over the last few years, due to the occurrence of events such as the Covid-19 pandemic in 2020, the Russian-Ukrainian war and the Israeli-Palestinian war; all events which possess characteristics of interdependence, mutual influence and high levels of uncertainty and complexity.
The focus of this paper concerns not only an innovative definition of Medical Intelligence and its specific areas of study, but also the consideration of the possibilities it offers in revising the intelligence process, in light of the impact of new technologies and the characteristics of emerging threats.
Specific attention will then be devoted to the establishment and launch of the national Medical Intelligence group at the Università Cattolica del Sacro Cuore in Milan.
Finally, perspectives and lines of work that are already being developed to continue to expand the knowledge of Medical Intelligence in a rapidly changing world will be proposed.
Keywords
Medical Intelligence, Medint, Intelligence, Covid-19, pandemics
Rene D. Kanayama, Dispute over the Nagorno-Karabakh – A Local Conflict with Global Implications
Abstract
All’inizio del 2022, scatenando una catena di eventi significativi a livello internazionale e dando inizio a una nuova era di lotta per il controllo geopolitico di parti chiave del mondo da parte della maggior parte delle superpotenze, nel 2023 continua a emergere un numero di nuovi conflitti con radici ereditate. l’ex Unione Sovietica è sempre stata soggetta ai più sanguinosi conflitti interregionali e interetnici nel corso degli ultimi secoli, e lo scontro tra Azerbaigian e Armenia sulla regione del Nagorno Karabakh non ha fatto eccezione.
Mentre il caos seguito al crollo dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni ’90 ha visto molteplici conflitti militari in molti dei suoi ex domini – dalla Moldavia alla Georgia, alla vera e propria guerra civile in Tagikistan, nonché scaramucce etniche localizzate in altre parti dell’Asia centrale, la questione del Nagorno Karabakh è stata probabilmente la più prolifica e apparentemente senza fine negli ultimi trent’anni.
Anche se la risoluzione delle Nazioni Unite considerava il conflitto del Nagorno-Karabakh come un’occupazione illegale del territorio dell’Azerbaigian da parte dell’Armenia, l’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh, composta interamente da popolazione di etnia armena, continuò a prosperare relativamente per la maggior parte dei trent’anni tra il 1991 e il 1991. 2023, e nell’ultimo decennio della sua esistenza (riconosciuta solo da altre entità dell’ex Unione Sovietica non riconosciute a livello internazionale), è riuscita ad attirare l’attenzione internazionale soprattutto nel settore del turismo.
La supremazia definitiva dell’Azerbaigian sul territorio del Nagorno Karabakh, a seguito della cosiddetta Seconda Guerra del Nagorno-Karabakh nel settembre 2020 e culminata con la piena acquisizione di tutto il rimanente territorio popolato dagli armeni nel settembre 2023, deve essere vista non solo come un risultato di una significativa crescita economica dell’Azerbaigian spinta dalle sue risorse naturali, ma anche come conseguenza di altri conflitti regionali spesso più importanti per le superpotenze che mirano al controllo della regione. In particolare, la relazione forte e strategica tra Azerbaigian e Israele, forgiata sullo sfondo dell’isolamento internazionale dell’Iran e contrastando molte delle ambizioni geopolitiche regionali dell’Iran, è, secondo l’autore, uno degli elementi chiave che meritano attenzione e analisi.
Piuttosto che fornire un ulteriore profilo dei singoli periodi di questa disputa a lungo termine, le cui radici risalgono addirittura a prima del crollo dell’Unione Sovietica – argomento al quale negli ultimi trent’anni sono stati dedicati numerosi trattati accademici – l’articolo si concentra sulle implicazioni comparative di il conflitto del Nagorno-Karabakh con altri conflitti regionali che incombono nelle sue vicinanze, tenendo conto della natura estremamente rapida delle attuali relazioni internazionali, dove nuovi patti a volte inspiegabilmente e inaspettatamente sostituiscono le precedenti alleanze.
Keywords
Azerbaijan, Armenia, Caucasus, Ethnic Discord, Regional Security, Global Conflict
Sara Brzogyny; Terrorism; Radicalization; Locus of Control.
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