Fascicolo 19 | 2024
DALLE MINACCE IBRIDE ALLA GUERRA COGNITIVA
Marco Lombardi, Prefazione. Guerra Ibrida, Guerra Cognitiva: leggere i concetti
Tiziano Li Piani, Nota del curatore
Carlo Jean, La Sicurezza Ibrida
Luciano Violante, Minacce ibride, guerre cognitive & neurotecnologie
Alessandro Politi, I grandi cicli della geopolitica
Mirko Lapi, Disinformazione e rischi cognitivi nell’era della Intelligenza Artificiale
Arije Antinori, La Cognitive Warfare in uno scenario di minacce convergenti
Guglielmo Ranieri, Modulatori di voce basati su AI e Vishing: un rischio concreto, per tutti
Alvise Biffi, L’importanza di una filiera industriale nazionale per la cyber security
Angelica Cestari, Minacce multidimensionali e risposte integrate: Il ruolo del security manager
Alessandro Marzi, Minacce ibride e Infrastrutture critiche. Intervista
Matteo Macina, Scenari di rischio ibridi cyber-fisici. Intervista
Fabio Spotti, La security come ‘funzione diffusa’. Intervista
Enrico Giacobbe, Sulle minacce ibride ed i modelli di Sicurezza per le aziende. Intervista
Marco Ceresa, L’importanza del ‘Fattore Umano’ nella sicurezza. Intervista
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Fascicolo 18 | 2023
Terrorism & Digital Ecosystems
Abstract
La PMC Wagner è uno dei principali attori emersi durante il conflitto russo-ucraino. Lo studio si propone di indagare la presenza di ibridazione nella comunicazione della PMC Wagner su Telegram. Lo studio si basa sul caso studio di un canale che sfrutta la propaganda pro-IS e la simbologia jihadista con oltre 100.000 iscritti. L’analisi dei contenuti relativi al canale mostra una buona comprensione della propaganda dello Stato Islamico: replicano lo stile e diffondono materiale pro-Russia. Attraverso l’ibridazione comunicativa, il target di riferimento si amplia fino a includere musulmani estremisti galvanizzati dalla propaganda jihadista e veterani della PMC Wagner che hanno combattuto nella guerra civile in Siria e che sono entrati in contatto con la sottocultura violenta tipica dello Stato Islamico. Lo sfruttamento da parte della PMC Wagner di diverse forme di estremismo comunicativo è un fenomeno da monitorare poiché questa strategia consente di modulare i contenuti attraverso stili, linguaggi e simboli.
Keywords
PMC Wagner, Jihad, Propaganda, Telegram, Media House
Ali Fisher, Time to be realistic about Swarmcast 2.0: How terrorists use WhatsApp
Abstract
Questo articolo affronta due significative lacune nella letteratura attuale. In primo luogo, mette in discussione le affermazioni ortodosse secondo cui i salafiti-jihadisti sarebbero costretti a utilizzare piattaforme più piccole a causa del successo delle strategie di “deplatforming” adottate dai cosiddetti giganti di Internet; in secondo luogo, evidenzia la presenza significativa di reti salafite-jihadiste su WhatsApp. Con oltre due miliardi di utenti, WhatsApp è un gigante sociale a tutti gli effetti.
Attraverso la discussione delle reti su WhatsApp, l’articolo dimostra che mentre la metanarrativa occidentale è stata a lungo accettata dall’ortodossia degli studi sul terrorismo e risuona ancora negli eventi ospitati da enti finanziati dall’industria, la sfida incapsulata da Swarmcast2.0 rimane. I gruppi salafiti e jihadisti mediatici mantengono reti persistenti che funzionano su più piattaforme contemporaneamente, comprese quelle su alcune delle piattaforme più grandi.
Il documento sostiene la necessità di prestare maggiore attenzione a una comprensione autentica dei modi in cui i salafiti-jihadisti comunicano un significato condiviso e mantengono le reti. In conclusione, è necessaria una comprensione significativamente maggiore del modo in cui le reti salafite-jihadiste sono ancora in grado di operare sulle piattaforme più grandi, richiedendo una comprensione delle reti dinamiche in aggiunta ai file di contenuto statico che condividono.
Keywords
Swarmcast; networks; Salafi-Jihadi; terrorism; platforms;
Abstract
La presente pubblicazione mira a indagare le caratteristiche salienti dell’odierna minaccia terroristica di matrice islamista, elencare le più nocive criticità che questa pone in campo dapprima strategico e poi giuridico, esaminare con attenzione le peculiarità e gli attributi qualificanti dell’ordinamento giuridico italiano in materia di sicurezza nazionale e lotta al terrorismo, e analizzare infine la questione sul versante della cooperazione internazionale. Il polimorfismo e l’irriducibilità a schemi precostituiti che da sempre contraddistinguono i fenomeni di natura terroristica ci impongono un’analisi puntuale e scevra da generalizzazioni, volta a statuirne le proprietà con uno sguardo al presente – foreign fighters, terrorismo nucleare, Jihad 2.0, terrorismo transnazionale – e uno sguardo al passato storico. Sebbene negli ultimi anni l’incidenza dei fenomeni riconducibili al terrorismo radicale islamico si sia ridotta sempre più, in maniera proporzionale al progressivo smantellamento dello Stato Islamico e all’intensificarsi delle campagne search and destroy americane, condotte per mezzo di droni militari d’alta quota, tecnologie satellitari e operazioni di intelligence, è opportuno mantenere elevati standard di sicurezza e monitoraggio, giacché nuove potenziali minacce possono giungere inattese e senza grandi possibilità di previsione. D’altronde, le radici del problema rimangono sostanzialmente irrisolte – istanze religiose del fondamentalismo islamico radicale, presenza di regimi politici vicini alle correnti più estremiste della religione islamica, tendenziale marginalità delle popolazioni musulmane nell’ambito della società globale, l’insistenza di conflitti interetnici, interstatali e di guerre civili nelle regioni del mondo già colpite da fenomeni di povertà e dalle esternalità dei cambiamenti climatici – e non è del tutto inimmaginabile che un domani le politiche di contenimento delle società occidentali possano non bastare più a contenere le pressioni scaturenti da un problema sì represso e soffocato, ma di certo non debellato del tutto. Questa fase di calma più o meno apparente potrebbe peraltro essere intelligentemente impiegata per affrontare le annose e irrisolte questioni legate alla definizione del terrorismo sul piano internazionale e ai dilemmi della cooperazione interstatale in materia di antiterrorismo e di condivisione dell’intelligence, che come vedremo dettagliatamente rischiano di compromettere l’efficacia e la solerzia delle politiche di contenimento della minaccia terroristica messe a punto sul piano sia nazionale che internazionale. La pubblicazione che segue è suddivisa in due parti, o sezioni: nella prima, racchiusa nello scorso fascicolo della rivista, abbiamo affrontato le questioni menzionate sopra, mentre nella seconda, che state per leggere, affronteremo in maniera approfondita la questione inerente la tutela della sicurezza nazionale nell’ordinamento giuridico nazionale.
Keywords
Terrorismo, fondamentalismo jihadista, antiterrorismo, sicurezza nazionale, intelligence, cooperazione internazionale, terrorism, jihadism, counter-terrorism, homeland security, intelligence, international cooperation
Evolving security issues & perspectives
Abstract
Tra i vari fenomeni di ostilità e aggressione nei confronti di diversi gruppi, l’antisemitismo è diventato sempre più diffuso in Europa negli ultimi anni. Considerando le recenti crisi e l’emergere di traumi collettivi, crimini d’odio e nuove forme di antisemitismo si sono materializzati nel discorso politico e nella sfera digitale. Ciò sembra essere dovuto alla natura pubblica e interattiva delle nuove tecnologie dell’informazione.
Il fenomeno del neo-antisemitismo pone in questione problemi di natura identitaria nelle società multiculturali, in particolare le difficoltà di comprensione di altre culture e le lore storie o trasformazioni più recenti. Ciò ha eroso in modo significativo il rapporto tra la sfera pubblica e le società in rete, favorendo al tempo stesso sentimenti antisemiti, teorie del complotto, infodemie, nuove forme di razzismo e negazionismo difficili anche da riportare mediaticamente.
L’obiettivo generale di questo studio è quello di indagare la copertura dell’odio anti-migranti e delle forme oscurate di antisemitismo. Pur trattandosi di argomenti distinti, entrambi sono accomunati dalla presenza di narrazioni stereotipate, talvolta aggressive e confuse nel discorso pubblico. Il giornalismo spesso non riesce a identificare e rettificare queste narrazioni, perpetuando così il disordine dell’informazione.
Keywords
Migration; conspiracy; journalism; media; discrimination; hate speech, migrazione; cospirazione; giornalismo; media; discriminazione; discorso di odio
Kamil Yilmaz, Hate speech predicts engagement on social media: A case study from Turkey
Abstract
What drives engagement on social media has been the focus of social scientific inquiry especially in recent years. Among various established predictors of virality on social media are emotional language, language about in- and out-groups, and notions of positivity and negativity. In light of prior work, this study explores whether hate speech in the form of demonization of a social group is associated with engagement on social media by using a case study from Turkey: The Gülen Movement (GM), a once-admired social movement that has been going through a decade-long demonization, stigmatization, criminalization and persecution. The results show that demonizing language against GM (a specific out-group) is a strong predictor of virality in three of the largest social media platforms in Turkey’s social media ecosystem: Facebook, Instagram and Twitter. The results also show that demonizing language about a specific out-group has the largest effect size compared to other well-established predictors of virality such as the moral-emotional language, language about the in-group and language about the (general) out-group.
Keywords
Hate speech, demonization, social-media, specific out-group, Gülen Movement, Turkey
Barbara Lucini, Medical Intelligence: definizione, metodi, prospettive e gruppo nazionale Medint
Abstract
This paper, for the first time in Italy, offers a reflection on the theme of Medical Intelligence which has become increasingly crucial over the last few years, due to the occurrence of events such as the Covid-19 pandemic in 2020, the Russian-Ukrainian war and the Israeli-Palestinian war; all events which possess characteristics of interdependence, mutual influence and high levels of uncertainty and complexity.
The focus of this paper concerns not only an innovative definition of Medical Intelligence and its specific areas of study, but also the consideration of the possibilities it offers in revising the intelligence process, in light of the impact of new technologies and the characteristics of emerging threats.
Specific attention will then be devoted to the establishment and launch of the national Medical Intelligence group at the Università Cattolica del Sacro Cuore in Milan.
Finally, perspectives and lines of work that are already being developed to continue to expand the knowledge of Medical Intelligence in a rapidly changing world will be proposed.
Keywords
Medical Intelligence, Medint, Intelligence, Covid-19, pandemics
Rene D. Kanayama, Dispute over the Nagorno-Karabakh – A Local Conflict with Global Implications
Abstract
All’inizio del 2022, scatenando una catena di eventi significativi a livello internazionale e dando inizio a una nuova era di lotta per il controllo geopolitico di parti chiave del mondo da parte della maggior parte delle superpotenze, nel 2023 continua a emergere un numero di nuovi conflitti con radici ereditate. l’ex Unione Sovietica è sempre stata soggetta ai più sanguinosi conflitti interregionali e interetnici nel corso degli ultimi secoli, e lo scontro tra Azerbaigian e Armenia sulla regione del Nagorno Karabakh non ha fatto eccezione.
Mentre il caos seguito al crollo dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni ’90 ha visto molteplici conflitti militari in molti dei suoi ex domini – dalla Moldavia alla Georgia, alla vera e propria guerra civile in Tagikistan, nonché scaramucce etniche localizzate in altre parti dell’Asia centrale, la questione del Nagorno Karabakh è stata probabilmente la più prolifica e apparentemente senza fine negli ultimi trent’anni.
Anche se la risoluzione delle Nazioni Unite considerava il conflitto del Nagorno-Karabakh come un’occupazione illegale del territorio dell’Azerbaigian da parte dell’Armenia, l’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh, composta interamente da popolazione di etnia armena, continuò a prosperare relativamente per la maggior parte dei trent’anni tra il 1991 e il 1991. 2023, e nell’ultimo decennio della sua esistenza (riconosciuta solo da altre entità dell’ex Unione Sovietica non riconosciute a livello internazionale), è riuscita ad attirare l’attenzione internazionale soprattutto nel settore del turismo.
La supremazia definitiva dell’Azerbaigian sul territorio del Nagorno Karabakh, a seguito della cosiddetta Seconda Guerra del Nagorno-Karabakh nel settembre 2020 e culminata con la piena acquisizione di tutto il rimanente territorio popolato dagli armeni nel settembre 2023, deve essere vista non solo come un risultato di una significativa crescita economica dell’Azerbaigian spinta dalle sue risorse naturali, ma anche come conseguenza di altri conflitti regionali spesso più importanti per le superpotenze che mirano al controllo della regione. In particolare, la relazione forte e strategica tra Azerbaigian e Israele, forgiata sullo sfondo dell’isolamento internazionale dell’Iran e contrastando molte delle ambizioni geopolitiche regionali dell’Iran, è, secondo l’autore, uno degli elementi chiave che meritano attenzione e analisi.
Piuttosto che fornire un ulteriore profilo dei singoli periodi di questa disputa a lungo termine, le cui radici risalgono addirittura a prima del crollo dell’Unione Sovietica – argomento al quale negli ultimi trent’anni sono stati dedicati numerosi trattati accademici – l’articolo si concentra sulle implicazioni comparative di il conflitto del Nagorno-Karabakh con altri conflitti regionali che incombono nelle sue vicinanze, tenendo conto della natura estremamente rapida delle attuali relazioni internazionali, dove nuovi patti a volte inspiegabilmente e inaspettatamente sostituiscono le precedenti alleanze.
Keywords
Azerbaijan, Armenia, Caucasus, Ethnic Discord, Regional Security, Global Conflict
Sara Brzogyny; Terrorism; Radicalization; Locus of Control.
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Fascicolo 17 | 2023
FORMS OF INSURGENCIES, EXTREMISMS AND HATE CRIMES
Andrea Castronovo, Karenni Revolution: the centrality of border territories in Myanmar’s national insurgency
Abstract
All’indomani del colpo di Stato militare del 2021, centinaia di gruppi armati sono stati formati in Myanmar per combattere il regime, autoproclamatosi Consiglio dell’Amministrazione Statale (SAC). Le nuove forze rivoluzionarie, genericamente chiamate Forze di Difesa del Popolo (PDFs), sono passate da essere piccole cellule scarsamente armate e non coordinate a compagnie e battaglioni strutturati, ben addestrati e semi-regolari, in grado di operare attraverso molteplici tattiche di guerriglia. Dopo due anni di guerra, la nazione è sprofondata in uno stato di violenza caratterizzato dal collasso della legittima autorità dello Stato centrale, dalla devastazione causata dalla tattica della «terra bruciata» condotta dal regime contro la popolazione, dalla proliferazione di armi leggere e di piccolo calibro (SALW), e da una crisi umanitaria ed economica senza precedenti. Il Myanmar è diventato un paese dilaniato dalla guerra nel cuore della regione in più rapida crescita del mondo: Il Sud-est asiatico. Sebbene la narrazione occidentale dominante inquadri l’attuale crisi nazionale come un conflitto senza fine, uno stallo politico, oppure rappresenti il paese come uno stato fallito, ciò che sta accadendo in Myanmar è una Rivoluzione multidimensionale che mira non solo a rovesciare il regime militare, ma a ridefinire la struttura socio-politica dell’intero Paese. Analizzando sia la principale forza di guerriglia Karenni, il KNDF, sia il governo ad interim del medesimo Stato etnico, il KSCC, questa ricerca indaga su come i giovani Karenni, in coordinamento con le organizzazioni etniche armate locali e con i gruppi della società civile, abbiano costituito uno dei fronti anti-regime più avanzati di tutto il Myanmar.
Keywords
Myanmar, military coup, Revolution, PDF, Karenni State
Giacomo Buoncompagni, ‘Sexdemic’: counter genderbased hate crimes. Virtual practices, cyber-bodies, microcelebrity and sex crimes
Abstract
Le varie forme di partecipazione in rete, come i like, i post, i tweet, lasciano “tracce di noi stessi”, frammenti della nostra identità di cui non siamo consapevoli, che non possiamo controllare e che non possiamo cancellare.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a situazioni sempre più diversificate in rete, come quelle che coinvolgono gruppi di adolescenti che utilizzano i social network per costruire identità, percorsi di micro-celebrità e diffondere foto/video di pestaggi, torture, omicidi, ma soprattutto suicidi in diretta.
Le cause e le conseguenze di queste forme di devianza, che si riproducono nella dimensione virtuale, sono molteplici: la depressione, l’invidia, la ricerca di potere e visibilità, la trasformazione di un semplice utente in una cyber-vittima, a volte senza nemmeno rendersene conto, e il “raccontarsi” sui social network, soprattutto attraverso video e foto autoprodotti.
Attingendo alla letteratura sociologica e psicologica internazionale, questo articolo si propone di riflettere su alcune forme di devianza online legate a pratiche comunicative “patologiche” riguardanti il corpo e la violenza (cyber)sessuale.
Keywords
Sex; crime; digital media; celebrity; online reputation; bodies, hate speech; crimini sessuali; media digitali; celebrità; reputazione online; corpi
Francesco Balucani – Fabio Ottaviani, L’Italia alla prova del fondamentalismo radicale islamico. Indagine sul polimorfismo della minaccia terroristica e analisi ragionata dell’ordinamento giuridico italiano in materia di antiterrorismo. Parte prima
EMERGING THREAT ECOSYSTEMS AND RESEARCH METHODOLOGIES
Abstract
Questo articolo mira a indagare le caratteristiche salienti dell’odierna minaccia terroristica di matrice islamista, elencare le più nocive criticità che questa pone in campo dapprima strategico e poi giuridico, esaminare con attenzione le peculiarità e gli attributi qualificanti dell’ordinamento giuridico italiano in materia di sicurezza nazionale e lotta al terrorismo, e analizzare infine la questione sul versante della cooperazione internazionale. Il polimorfismo e l’irriducibilità a schemi precostituiti che da sempre contraddistinguono i fenomeni di natura terroristica ci impongono un’analisi puntuale e scevra da generalizzazioni, volta a statuirne le proprietà con uno sguardo al presente – foreign fighters, terrorismo nucleare, Jihad 2.0, terrorismo transnazionale – e uno sguardo al passato storico. Sebbene negli ultimi anni l’incidenza dei fenomeni riconducibili al terrorismo radicale islamico si sia ridotta sempre più, in maniera proporzionale al progressivo smantellamento dello Stato Islamico e all’intensificarsi delle campagne search and destroy americane, condotte per mezzo di droni militari d’alta quota, tecnologie satellitari e operazioni di intelligence, è opportuno mantenere elevati standard di sicurezza e monitoraggio, giacché nuove potenziali minacce possono giungere inattese e senza grandi possibilità di previsione. D’altronde, le radici del problema rimangono sostanzialmente irrisolte – istanze religiose del fondamentalismo islamico radicale, presenza di regimi politici vicini alle correnti più estremiste della religione islamica, tendenziale marginalità delle popolazioni musulmane nell’ambito della società globale, l’insistenza di conflitti interetnici, interstatali e di guerre civili nelle regioni del mondo già colpite da fenomeni di povertà e dalle esternalità dei cambiamenti climatici – e non è del tutto inimmaginabile che un domani le politiche di contenimento delle società occidentali possano non bastare più a contenere le pressioni scaturenti da un problema sì represso e soffocato, ma di certo non debellato del tutto. Questa fase di calma più o meno apparente potrebbe peraltro essere intelligentemente impiegata per affrontare le annose e irrisolte questioni legate alla definizione del terrorismo sul piano internazionale e ai dilemmi della cooperazione interstatale in materia di antiterrorismo e di condivisione dell’intelligence, che come vedremo dettagliatamente rischiano di compromettere l’efficacia e la solerzia delle politiche di contenimento della minaccia terroristica messe a punto sul piano sia nazionale che internazionale. La pubblicazione che segue è suddivisa in due parti, o sezioni: nella prima, che state per leggere, affronteremo le questioni menzionate sopra, mentre nella seconda, che sarà compresa nel prossimo fascicolo della rivista, affronteremo in maniera approfondita la questione inerente la tutela della sicurezza nazionale nell’ordinamento giuridico nazionale.
Keywords
Terrorismo, fondamentalismo jihadista, antiterrorismo, sicurezza nazionale, intelligence, co- operazione internazionale / terrorism, jihadism, counter-terrorism, homeland security, intelli- gence, international cooperation
Federico Borgonovo – Ali Fisher, Mapping a Telegram-centred Accelerationist Collective
Abstract
Il presente lavoro si propone di mappare il collettivo accelerazionista noto come Terrorgram e di ricostruirne le caratteristiche morfologiche di base attraverso lo studio della propaganda e la social network analysis. Il nucleo dello studio si concentra sull’etnografia digitale all’interno della piattaforma Telegram ed è finalizzato al riconoscimento di narrazioni, obiettivi comunicativi, tecniche e strategie. Infine, viene implementata una Social Network Analysis (SNA) che identifica gli attori e i sottogruppi coinvolti nella propaganda online pro-violenza all’interno dell’ecosistema digitale.
Keywords
Accelerationism, right, propaganda, terrorgram, terrorism
Simone Castagna, Exploring the Telegram Hacker Ecosystem
Abstract
Lo studio dei gruppi di hacker, delle loro attività e delle comunità che formano sta diventando sempre più rilevante in un mondo sempre più digitalizzato. Storicamente, la ricerca accademica ha dipinto gli hacker come figure solitarie, misantrope e malevole che risiedono nelle profondità del web underground. Questo stereotipo ha portato la ricerca a concentrarsi solo sulle attività che si svolgono all’interno dei forum e dei mercati clandestini. Tuttavia, questa prospettiva ristretta non è del tutto accurata ed è fondamentale comprendere le interazioni e le relazioni che esistono tra gli hacker, anche all’interno di piattaforme più accessibili e sicure come Telegram. Il presente studio impiega una serie di tecniche di ricerca, tra cui il campionamento non discriminatorio a palla di neve e l’analisi delle reti sociali, per esplorare l’ecosistema digitale dei gruppi di hacker sul servizio di messaggistica istantanea Telegram. Lo scopo di questa ricerca è quello di offrire approfondimenti sulla struttura organizzativa e sulle dinamiche della rete, nonché di identificare gli attori chiave, le loro relazioni e i modelli di diffusione dei contenuti. I risultati di questa ricerca forniscono un approccio originale per indagare gli ecosistemi digitali dei gruppi di hacker, migliorando così la comprensione delle loro strutture, dinamiche e comportamenti e facilitando lo sviluppo di strategie efficaci per monitorare, identificare e contrastare le loro attività.
Keywords
Hacker groups, Social Network Analysis, Telegram, Digital Ecosystems
Silvano Rizieri Lucini — Federico Borgonovo, Exploring the Whitejihad Digital Ecosystem
Abstract
Una nuova generazione di estremisti sta crescendo e sta diventando in grado di stabilire comunità auto-create che combinano salafismo-jihadismo ed estrema destra. Tale comunità, originariamente imperniata su alcuni influencer e autodefinitasi Islamogram, è cresciuta e si è contaminata all’interno di varie piattaforme. Utilizzando una serie di metafore e motivi visivi tipici dell’alt-right e dell’estrema destra, accusano la perdita della tradizione e una visione corrotta della vita. La comunità costruisce reti, guida narrazioni su diverse piattaforme e diffonde propaganda violenta. Un modo per studiare come questo tipo di estremisti si sviluppa e si ramifica all’interno delle piattaforme sociali è l’osservazione occulta delle loro interazioni. Ricostruire la morfologia della rete in cui avvengono queste interazioni. Questo articolo cerca di contribuire a un avanzamento della letteratura sugli studi sul terrorismo, attraverso una combinazione di analisi dei contenuti e osservazione etnografica.
Keywords
Islamogram, Whitejihad, alt-right, propaganda, content
Giulia Porrino, Pro-Wagner gaming subculture: how the PMC gamified recruitment and propaganda processes
Abstract
Con lo scoppio del conflitto russo-ucraino, sono emersi diversi nuovi attori. Tra questi, la PMC Wagner ha assunto un ruolo sempre più importante ed è stata descritta come una “proxy” russa. Internet e i social media sono diventati essenziali e il gruppo utilizza i videogiochi per diffondere la propaganda e reclutare mercenari. La gamification degli strumenti di propaganda, delle comunità estremiste online e, in ultima analisi, dei processi di radicalizzazione non solo avanza, ma accelera, data la crescente popolarità dei giochi online e il fatto che gli estremisti spesso sfruttano per primi i nuovi progressi tecnologici. Inoltre, la PMC Wagner ha iniziato a sfruttare l’uso dei videogiochi per vari scopi, dal reclutamento alla fascinazione per la violenza. Allo stesso tempo, utilizzando i classici metodi di marketing basati sui giochi, sono riusciti a raggiungere non solo gli utenti delle piattaforme di gioco, ma anche i cittadini che, camminando per le strade della capitale russa, si imbattono nei cartelloni illuminati. Sono necessarie ulteriori indagini sul funzionamento preciso e sulle varie strategie di gamification utilizzate dalla PMC Wagner e dai suoi sostenitori in diverse condizioni.
Keywords
PMC Wagner, Gamification, Video games, Russia, War
Sara Brzuszkiewicz, L’androsfera: marginalità e minacce
Abstract
Nel contesto italiano l’androsfera è ancora molto poco conosciuta. Si parla poco dei suoi utenti e ancor meno con i suoi utenti e spesso lo si fa in termini semplicistici e sensazionalistici e proprio per questa ragione si è scelto qui di scrivere in italiano.
Il presente contributo mira a colmare almeno in parte queste lacune analizzando le maggiori componenti dell’androsfera, le loro visioni del mondo e le narrazioni che le caratterizzano con particolare attenzione all’inceldom, la galassia del celibato involontario.
Si vedranno poi alcuni dei maggiori attacchi già perpetrati da attentatori influenzati dall’ideologia incel, le cui dinamiche sono illuminanti circa le potenziali minacce. A ciò seguirà un approfondimento sull’androsfera italiana, ad oggi non conosciuta e probabilmente non radicale quanto quelle di altri Stati e regioni, prima tra tutte l’area anglosassone. Proprio questa sorta di basso profilo rende l’androsfera italiana estremamente interessante e meritevole di ulteriore ricerca: il relativo ritardo dei processi di radicalizzazione al suo interno paragonati a quelli di altri contesti rappresenta un’opportunità per sfruttare alcune lezioni apprese altrove con reale lungimiranza.
Keywords
Androsfera; Celibi involontari; Misoginia; Terrorismo; Radicalizzazione.
Manosphere; Involuntary Celibates (Incels); Misogyny; Terrorism; Radicalization; Locus of Control.
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Fascicolo 16 | 2022
Luca Cinciripini, La nuova sicurezza europea tra Baltico e Artico
Abstract
Following a geopolitical phase that has seen the Mediterranean at the center of European security studies, the northern part of the continent is assuming a new centrality. In particular, we are now witnessing the relevance of the Baltic Sea and the Arctic as new geopolitical sce- narios of confrontation between great powers, in particular Russia and the member countries of NATO. The Ukrainian conflict, in fact, is producing serious consequences in these regions as well, as in the case of the request for accession by Sweden and Finland to NATO, with a consequent increase in international tensions. In addition, the multilateral governance that has so far governed the fate of the Arctic, both in terms of security and scientific research, is being severely tested by the tough confrontation between Russia and the West. Furthermore, climate warming opens new trade routes and provides access to huge deposits of raw materials, accelerating the competition between the players also thanks to the inclusion of powers such as China. In the light of their geographical, political and military characteristics, it is therefore useful to observe the Baltic and the Arctic as two regions of peculiarity, with points of contact that link their future security scenarios.
Dopo una fase geopolitica che ha visto il Mediterraneo al centro degli studi di sicurezza europei, la parte settentrionale del continente sta assumendo una nuova centralità. In particolare, si as- siste ormai alla rilevanza del Mar Baltico e dell’Artico come nuovi scenari geopolitici di confron- to tra grandi potenze, in particolare la Russia e i Paesi membri della NATO. Il conflitto ucraino, infatti, sta producendo serie conseguenze anche in queste regioni, come nel caso della richiesta di adesione di Svezia e Finlandia alla NATO, con conseguente aumento di tensioni internazion- ali. In aggiunta, la governance multilaterale che ha sin qui retto le sorti dell’Artico, sia in termini di sicurezza che di ricerche scientifiche, è messa a dura prova dal duro confronto tra Russia e Occidente. Il riscaldamento climatico, inoltre, apre nuove rotte commerciali e fornisce accesso a immensi giacimenti di materie prime, accelerando la competizione tra gli attori anche grazie all’inserimento di potenze come la Cina. Alla luce delle caratteristiche geografiche, politiche e militari, risulta pertanto utile osservare Baltico e Artico come due regioni con caratteristiche peculiari ma con punti di contatto che ne legano gli scenari di sicurezza futuri.
Keywords
Artico, Baltico, Russia, NATO, UE
Rene D. Kanayama, Renewed Kyrgyz-Tajik Border Conflict – Cui Bono?
Abstract
Following the July 2022 4th Consultative Meeting of the heads of state of Central Asian Coun- tries at the Lake Issyk-Kul, hosted by Kyrgyzstan, and literally on the eve of a high-level summit of the Shanghai Cooperation Organization in Samarkand, where among other agenda, the regional powerhouse Iran, so far active as an observer state, formally submitted an application to join the regional geopolitical organization increasingly aspiring to become a global one, and Turkey, an invited guest, announced its preparedness to join the alliance in the future, fierce fighting flared up in the Batken Region of Kyrgyzstan, following a military incursion from the side of Tajikistan. Not only were the presidents of Kyrgyzstan and Tajikistan sitting around the same table sipping tea when young Kyrgyz soldiers were losing their lives defending their homeland, the whole idea behind the summit hosted by Uzbekistan was originally prepared to increase the regional cooperation perspectives, not to watch such efforts disintegrate before the very eyes of the Central Asian and wider regional nations. Moreover, in less than a week, the 77th United Nations General Assembly gathering was to take place, bringing to New York the leaders of the very nations embroiled in another round of Central Asian border conflict – compelling the Kyrgyz President Sadyr Japarov to dedicate his address entirely to the renewed border dispute with Tajikistan.
Obviously, with the ongoing Russia-Ukraine confrontation and the situation around the Na- gorno-Karabakh recently aggravating to another level of military clashes between Azerbaijan and Armenia, a question needs to be asked whether this new Kyrgyz-Tajik engagement is to be seen and analyzed on its own, or whether some other global mechanisms in the backdrop should be identified. The border dispute between Kyrgyzstan and Tajikistan is certainly an issue in force for the past twenty years, having attained its very hot phase in April 2021, and a complex mix of causes needs to be addressed to understand the matter in question – from a lack of proper governance on both sides, decades long competition over water resources in the Fergana Valley, socioeconomic disparities in the geographical area far from their respective national capitals, proliferating organized crime including drug trafficking, and, not the least, the ever contrasting ethnic divide among the several nations of the region. The article will put less emphasis on historical data and perspectives, while maintaining a cer- tain measure of a chronological frame of reference, and instead will attempt to place the cur- rent Kyrgyz-Tajik border crisis into both regional context (as part of the ongoing phenomenon where currently all of the Central Asia gains significance among various global affairs) as well as the context of increasingly crucial global issues, including a proper use of water resources, food security and inter-ethnic symbiosis.
Dopo il 4° incontro consultivo dei capi di stato dei paesi dell’Asia centrale nel luglio 2022 pres- so il lago Issyk-Kul, ospitato dal Kirghizistan, e letteralmente alla vigilia di un vertice ad alto livello dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai a Samarcanda, dove, tra l’altro, la potenza regionale Iran, finora attiva come stato osservatore, ha formalmente presentato do- manda per entrare a far parte dell’organizzazione geopolitica regionale sempre più aspirante a diventare globale, e la Turchia, un ospite invitato, ha annunciato la sua disponibilità ad aderire all’alleanza in futuro, aspri combattimenti sono divampati nella regione di Batken del Kirghi- zistan, a seguito di un’incursione militare dalla parte del Tagikistan. Non solo i presidenti del Kirghizistan e del Tagikistan erano seduti intorno allo stesso tavolo a sorseggiare il tè quando i giovani soldati kirghisi stavano perdendo la vita per difendere la loro patria, l’intera idea alla base del vertice ospitato dall’Uzbekistan era originariamente preparata per aumentare le pros- pettive di cooperazione regionale, e non vedere tali sforzi disintegrarsi davanti agli occhi stessi delle nazioni dell’Asia centrale e della regione più ampia. Inoltre, in meno di una settimana, si sarebbe tenuta la 77a riunione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, portando a New York i leader delle stesse nazioni coinvolte in un altro round di conflitti di confine dell’Asia centrale, costringendo il presidente kirghiso Sadyr Japarov a dedicare interamente il suo dis- corso al rinnovato conflitto di confine con il Tagikistan.
Ovviamente, con il conflitto Russia-Ucraina in corso e la situazione intorno al Nagorno-Kara- bakh che si è recentemente aggravata a un altro livello di confronto militare tra Azerbaigian e Armenia, è necessario porsi una domanda se questo nuovo impegno kirghiso-tagiko debba essere visto e analizzato da solo, o se dovrebbero essere identificati altri meccanismi globali sullo sfondo. La disputa di confine tra Kirghizistan e Tagikistan è certamente una questione in vigore negli ultimi vent’anni, avendo raggiunto la sua fase molto calda nell’aprile 2021, e per comprendere la questione in questione è necessario affrontare un insieme complesso di cause
– dalla mancanza di un buon governo da entrambe le parti, dalla concorrenza decennale per le risorse idriche in Val Fergana, disparità socioeconomiche nell’area geografica lontana dalle rispettive capitali nazionali, proliferazione della criminalità organizzata compreso il traffico di droga, e, non ultimo, la sempre contrastante divisione etnica tra le diverse nazioni della regione.
L’articolo porrà meno enfasi sui dati storici e sulle prospettive, pur mantenendo una certa misura di un quadro di riferimento cronologico, e cercherà invece di collocare l’attuale cri- si del confine tra Kirghizistan e Tagikistan in entrambi i contesti regionali (come parte del fenomeno in corso in cui attualmente tutta l’Asia centrale acquista importanza tra i vari affari globali) così come il contesto di questioni globali sempre più cruciali, tra cui un uso corretto delle risorse idriche, la sicurezza alimentare e la simbiosi interetnica.
Keywords
Kyrgyzstan, Tajikistan, Central Asia, Regional Security, post-USSR Conflict Zone, Water Re- sources
META SPACES: COMMUNITIES, THREATS AND INTERACTIONS
Abstract
This paper focuses on key findings emerged from the research activities conducted within the H2020 European project CounteR – Countering Radicalisation for a Safer World Privacy-first situational awareness platform for violent terrorism and crime prediction, counter radicalisa- tion and citizen protection.
The central theme concerns vetting processes and their methodologies applied in multiple ecosystems for both Islamic and far-right radicalisation processes.
The theoretical perspective that we want to focus on is related to the cultural-narrative ap- proaches and the declinations that these can operationally have in the field of socio-cultural intelligence.
The methodological perspective instead relates to the understanding of the context and oper- ational ecosystem of such processes and of those weak signals or risk factors that can be useful to Law Enforcement Agencies to adapt and adjust TRA-I (Terrorism Risk Assessment Instru- ments) models to the contemporary and varied radicalisation processes.
The result is a work of primary importance for national security in a global context of strong radicalisation, for its methodological-operational implications and for the theoretical reflec- tions that make it worthy of further study.
Il presente articolo si focalizza su alcuni risultati emersi dalle attività di ricerca condotte nell’ambito del progetto europeo H2020 – CounteR – Countering Radicalisation for a Safer World Privacy-first situational awareness platform for violent terrorism and crime prediction, counter radicalisation and citizen protection.
Il tema centrale riguarda i processi di vetting e le loro metodologie applicate in molteplici eco- sistemi sia per i processi di radicalizzazione islamica sia per quelli relativi all’estrema destra. La prospettiva teorica che si vuole porre all’attenzione è relative agli approcci culturali – narr- ativi e alle declinazioni che questi possono operativamente avere nell’ambito della socio-cul- tural intelligence.
La prospettiva metodologica invece si relaziona con la comprensione del contesto ed ecosis- tema operativo di tali processi e di quei segnali deboli o risk factors che possono essere utili alle Law Enforcement Agencies per adattare e adeguare i modelli di TRA-I (Terrorism Risk Assessment Instruments) ai contemporanei e variegati processi di radicalizzazione.
Ne risulta un lavoro di primaria importanza per la sicurezza nazionale in un contesto globale di forte radicalizzazione, per le ricadute metodologiche-operative, per le riflessioni teoriche che lo rendono meritevole di ulteriori approfondimenti.
Keywords
Radicalisation, Extremism, Vetting, Islamic, Right – Wing, Socio-Cultural Intelligence, Radi- calizzazione, Estremismo, Islamico, Estrema Destra, Socio-Cultural Intelligence.
Kamil Yilmaz – Farangiz Atamuradova, A comparative analysis of ISIS Channels On Telegram
Abstract
With the increased presence of social media and online messaging platforms in daily lives of individuals came the threat of its appropriation by terrorist groups to spread their narratives, recruit individuals, and serve as a communication channel among members of the group. This research focuses on comparing two Islamic State of Iraq and Syria (ISIS)Telegram channels – an interactive and broadcast channel – to compare the tactics and strategies employed by the two channels. In particular, the research assesses the discursive strategies presented in both channels, especially those pertaining to the representation of the in- and out-group by the channel moderators as well as followers. The combined analysis of the posts on two ISIS-chan- nels is beneficial for researchers, practitioners, as well as policy makers as it sheds light to how one single group employs different tactics and strategies to communicate their message, polar- ize followers’ viewpoint, and maintain the existence of and support for the terrorist group as a whole, despite its territorial defeat.
Keywords
ISIS, Telegram, terrorism, critical discourse analysis, CDA
Daniele Maria Barone, Social bots and synthetic interactions to stage digital extremist armies
Abstract
Artificial intelligence (AI)-made bots for social media platforms are becoming increasingly sophisticated and able to impersonate average users, developing either as valuable AI tools in the communication field or as an instrument for online deception.
As AI keeps advancing, also terrorist organizations will benefit from these technological de- velopments to increase the efficiency of their use of social media. For instance, they could increasingly avoid being flagged by users or detected and banned by the platforms, supporting radicalization or propaganda with less risk while gaining greater resonance.
From this perspective, the analysis will firstly focus on how social bots work, their role in help- ing to perceive synthetic interactions as authentic interactions, and their potential contribu- tion to social manipulation. Then, the paper will delineate how AI-bot developments intersect with terrorist or extremist communication environments.
I social media bot creati attraverso l’intelligenza artificiale (IA) diventano sempre più sofisticati e in grado di imitare con maggiore efficacia il comportamento degli utenti. Questo li ha resi sia strumenti particolarmente validi nel settore della comunicazione sia una risorsa utile per ingannare gli utenti.
Con l’avanzamento e la diffusione dell’IA, anche le organizzazioni terroristiche potranno ben- eficiare di questi sviluppi in campo tecnologico, migliorando la loro efficenza nell’utilizzo dei social media. Ad esempio, i social bot potrebbero aiutare le organizzazioni terroristiche a diminuire le possibilità di essere segnalati dagli utenti e sospesi dalle piattaforme social, sup- portando i loro processi di radicalizzazione e diffondendo la loro propaganda con un rischio inferiore ma garantendo una maggiore risonanza.
Partendo da questa prospettiva, dopo aver analizzato il funzionamento dei social bot, in quale misura questi ultimi possono favorire la percezione di interazioni sintetiche come autentiche ed il loro contributo alla manipolazione sociale, la ricerca delineerà le aree principali attra- verso cui lo sviluppo tecnologico dei bot si interseca con i contesti comunicativi di gruppi terroristici o estremisti.
Keywords
Social media bot, jihad, far-right, conspiracy theories
Mirosław Karpiuk, Crisis management vs. cyber threats
Abstract
An effective response to cyber crises is determined not only by having forces and resources ade-
quate to such a threat, but having appropriate regulations in this regard are also important. The European Union has not yet developed common standards to deal with the threats that cause such crises, instead leaving crisis management in the event of such crises situations caused by cyber-attacks firmly to national legislation.
Commission Recommendation (EU) 2021/1086 of 23 June 2021 on the Establishment of a Common Cyberspace Unit (OJ EU L 237, p. 1) states that Member States and relevant EU institutions, bodies and agencies should ensure a coordinated EU response to, and recovery from, large-scale cyber incidents and crises. In this situation, it is necessary to swiftly and ef- fectively mobilise operational resources for mutual assistance. In order to provide an effective coordinated response to cyber crises, relevant actors should be able to share best practices and ensure necessary preparedness. Their operation should take into account existing processes and the expertise of the different cybersecurity communities. In turn, according to Commission Recommendation (EU) 2017/1584 of 13 September 2017 on the Coordinated Response to Large-Scale Cybersecurity Incidents and Crises (OJ EU L 239, p. 36), Member States and EU institutions should establish an EU Cybersecurity Cri- sis Response Framework integrating the objectives and modalities of cooperation. The EU Cybersecurity Crisis Response Framework should, in particular, identify the relevant actors, EU institutions and Member State authorities, at all necessary levels – technical, operational, strategic – and develop standard operating procedures that define the way in which these co- operate within the context of EU crisis management mechanisms. Emphasis should be placed on enabling the exchange of information without undue delay and coordinating the response during large-scale cybersecurity incidents and crises.
Keywords
Crisis management, cybersecurity, critical infrastructure, essential service
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Fascicolo 15 | 2022
FOCUS SUL CONFLITTO UCRAINO
Marco Lombardi, Russia-Ucraina: oltre la Guerra Ibrida, verso il Techno-Cognitive Warfare
Abstract
The Russian-Ukrainian conflict unexpectedly brought war to Europe.
At present (end of March 2022) I do not consider any conclusive scenario to be foreseeable: to- day the most optimistic forecast is contained in the uncertainty of an evolving event, for which everything is possible. But this brief note, which introduces others that follow dedicated to the conflict between Russia and Ukraine, focuses on what so far already constitutes predictably persistent results in the medium to long term.
Now we are at the Total Hybrid War in which the dimensions of the conflict overlap, interfere, produce an escalation of effects in different contexts: no conflict had yet unfolded in this artic- ulated form, where they are no longer needed and the predictive and interpretative drivers of the scenarios fail. This is the first Total Hybrid War that has surpassed itself, paving the way for the now present Techno-Cognitive Warfare.
The characteristics of the Ukrainian Russian confrontation can be traced back to some emerg- ing themes: the overlapping of the dimensions of the conflict; the centrality of strategic com- munication; the multiplication of actors in the field.
Although the conflict is still ongoing, however, some signs of permanent change are already evident. In the paper, I discuss only a few, which concern the change in the paradigm of the now techno-cognitive war, the broad re-modeling of the meaning of cyberspace, the central role of information and communication, and, also, a consequent different mode of negotiation between the parties to accelerate the peace process.
The conclusions add to the previous reflections two hopes.
The first concerns our capacity for de-escalation: wars, this one, in particular, has clearly shown how we can risk being stuck in a symmetrical process of escalation so that every action (in every dimension of the conflict) is answered with an action of a greater degree (in every other dimension of the conflict). It is a trap, also favored by technologies, which has configured an automatism, a practice of “taken for granted”, which can only be interrupted by a conscious and responsible choice.
The second, which takes the form of advice, concerns the individual cognitive equipment that each one must assume for the governance of the flow of communication in which he is immersed. Therefore, I emphasize what I call the Principle of Maximum Protection:
- any information is false until proven otherwise. and the Principle of Maximum Effectiveness:
- every piece of information is true for its target audience.
I expect a lasting more than ten years of the conflict that has just begun, albeit blanded and conveyed through actions that will focus on one or the other dimension (cyber, kinetic, eco- nomic, social, etc.) in an exclusive way, if those who will have to govern the confrontation will be able to avoid the simultaneous overlapping of the effects generated by the actions carried out in each dimension. In practice, we now need to learn to govern a widespread, subthreshold, and continuous global conflict: without surrendering to Cognitive Warfare as a replacement for “Peacefare”.
Il conflitto russo-ucraino ha inaspettatamente portato la guerra in Europa.
Allo stato attuale (fine marzo 2022) non reputo prevedibile alcuno scenario conclusivo: oggi la previsione più ottimista è contenuta nell’incertezza di un evento in evoluzione, per il quale tutto è possibile. Ma questa breve nota, che ne introduce altre che seguono dedicate al con- flitto tra Russia e Ucraina, si concentra su quanto finora già costituisce dei risultati prevedibil- mente persistenti nel medio-lungo periodo.
Ora siamo alla Guerra Ibrida totale in cui le dimensioni del conflitto si sovrappongono, inter- feriscono, producono una escalation di effetti in contesti diversi: ancora non si era dispiegato in questa forma articolata alcun conflitto, dove non servono più e i driver predittivi e interpre- tativi degli scenari falliscono. Questa è la prima Guerra Ibrida Totale che ha superato sé stessa, aprendo la via all’ormai presente Guerra Tecno-Cognitiva.
Le caratteristiche del confronto russo ucraino possono essere ricondotte ad alcuni temi emer- genti: il sovrapporsi delle dimensioni del conflitto; la centralità della comunicazione strategi- ca; la moltiplicazione degli attori sul campo.
Benché a conflitto ancora in corso, tuttavia, alcuni segni di cambiamento permanente sono già evidenti. Nel paper mi soffermo solo su alcuni, che riguardano il cambiamento del paradigma della guerra ormai tecno-cognitiva, la ri-modellazione ampia del significato di spazio ciberne- tico, il ruolo centrale dell’informazione e comunicazione e, anche, una conseguente diversa modalità di negoziazione tra le parti per accelerare il processo di pace.
Le conclusioni aggiungono alle riflessioni precedenti due auspici.
Il primo riguarda la nostra capacità di de-escalation: le guerre, questa in particolare, ha mo- strato con chiarezza come si possa rischiare di restare bloccati in un processo simmetrico di escalation, per cui a ogni azione (in ogni dimensione del conflitto) si risponde con una azione di grado maggiore (in ogni altra dimensione del conflitto). Il secondo, che assume la forma di un consiglio, riguarda l’attrezzatura cognitiva individuale che ciascuno deve assumere rispetto al governo del flusso di comunicazione in cui è immerso secondo il Principio di Massima Tutela e il Principio di Massima Efficacia.
Keywords
Hybrid Warfare, Cognitive Warfare, Cyberspace, Ukraine, Russia
Stefano Marinelli, War and Crimes against Peace: Avenues to Prosecute Russia’s Aggression of Ukraine
Abstract
On February 24, 2022, the Russian attack on Ukraine provoked a strong international commu- nity reaction, in terms of diplomatic condemnation of Russia and support for Ukraine. There is an international consensus on the qualification of the facts that have occurred as a crime of aggression, and an unprecedented political support for Ukraine. Nevertheless, international justice does not have the possibility to prosecute those responsible for the crime.
The article presents the structural obstacles of international law in prosecuting the crime of aggression committed against Ukraine, in particular by the International Criminal Court, and illustrates possible alternatives to bring those responsible to justice. The article presents the strong and coherent reaction of the international community to the Russian military inter- vention, with unprecedented unity in the United Nations General Assembly, and a majority in the Security Council stopped exclusively by the Russian veto. Then, the article examines the international prohibition of the use of force, and the justifications put forward by Russia to support the legality of the operation. The Russian reasons, based on self-defense and on the purpose of protecting the populations of Donbas from genocide, prove to be unfounded. The analysis therefore concludes that the attack on Ukraine constitutes a manifest act of aggression. The study then examines the criminalization of the aggression by the International Criminal Court, presenting the jurisdictional limits that prevent the Court from prosecuting the crime in this circumstance: unlike other international crimes that the ICC is already investigating on the Ukrainian territory (crimes of war, crimes against humanity) the Court cannot exercise its jurisdiction for the crime of aggression committed by individuals of states that are not party to the Rome Statute.
Finally, alternative mechanisms for bringing justice to the Ukrainian aggression are examined: from the trial in a national court, which has the problem of immunities and of lack of expertise in prosecuting international crime, to the creation of an ad hoc or hybrid tribunal.
Il 24 febbraio 2022, l’attacco della Federazione Russa all’Ucraina ha provocato una forte re- azione della comunità internazionale in termini di condanna diplomatica della Russia e di sostegno all’Ucraina. Nonostante il consenso internazionale nella qualifica dei fatti occorsi, e il sostegno politico senza precedenti, la giustizia internazionale sembra impossibilitata a perseguire i responsabili del crimine. L’articolo presenta gli ostacoli strutturali del diritto inter- nazionale nel perseguire il crimine di aggressione commesso contro l’Ucraina, in particolare da parte della Corte Penale Internazionale, e illustra possibili alternative per fare giustizia sul
crimine. Dopo aver presentato la reazione unitaria della comunità internazionale all’interven- to militare russo, con un’unità senza precedenti nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e una maggioranza nel Consigli di Sicurezza fermata esclusivamente dal veto russo, l’articolo prende in esame il divieto internazionale di uso della forza e le giustificazioni avanzate dalla Russia per sostenere la legalità dell’operazione. Le ragioni russe, fondate sull’autodifesa e sulla finalità di proteggere le popolazioni del Donbas da un genocidio, si rivelano infondate. Si conclude quindi che l’attacco all’Ucraina costituisce un chiaro atto di aggressione. L’analisi esamina poi la criminalizzazione dell’aggressione da parte della Corte Penale Internazionale, presentando i limiti giurisdizionali che impediscono alla Corte di perseguire il crimine in questa circostanza: a differenza di altri crimini internazionali su cui ha già iniziato attività di indagine (crimini di guerra, crimini contro l’umanità) la Corte non può esercitare la propria giurisdizione per il crimine di aggressione commesso da individui di Stati che non sono parte allo Statuto di Roma. Infine, si prendono in esame meccanismi alternativi per fare giustizia sull’aggressione Ucraina: dal processo in un tribunale nazionale, che ha problemi di immu- nità e di specializzazione nel perseguire il crimine internazionale, fino alla creazione di un tribunale ad hoc o ibrido.
Keywords
Russia, Ukraine, International law, War crimes
Daniele Maria Barone, Russia-Ukraine conflict: digital assets chronicles in times of war
Abstract
The economic catastrophe caused by the Russian invasion of Ukraine has raised questions on the role of digital assets in this conflict. On the one hand, how crypto assets could be exploited by Moscow to circumvent international sanctions and, on the other hand, how crypto can be useful as a crowdfunding tool to finance the Ukrainian military sector.
This context turned a spotlight on the companies operating in the digital assets field, highlight- ing the controversies raised by the collision of the neutrality of the cryptocurrency sector with a humanitarian crisis.
With this premises, based on events and statements of the first few weeks after the Russian invasion began, this research is aimed at answering the following questions: how much can digital assets help in financing the military sector of a State? Can digital assets be a reliable alternative to international financial isolation? In which way could this conflict affect the cryp- tocurrency sector?
La catastrofe economica causata dall’invasione russa dell’Ucraina ha sollevato numerose do- mande sul ruolo che i digital asset potrebbero ricoprire in questo conflitto. Da un lato, il potenziale sfruttamento delle criptovalute da parte di Mosca per eludere le sanzioni economi- che e, dall’altro, la funzione delle criptovalute nel finanziamento al settore militare ucraino attraverso il crowdfunding.
Questo contesto ha acceso un faro sulle compagnie operanti nel settore dei digital asset, facen- do emergere le controversie generate dalla collisione tra la neutralità delle criptovalute con una crisi umanitaria.
Con tali premesse, basandosi su avvenimenti e dichiarazioni delle prime settimane dall’inizio dell’invasione russa, questa ricerca ha la finalità di rispondere alle seguenti domande: quanto possono aiutare le criptovalute nel finanziamento al settore militare di uno stato? Possono le criptovalute essere un’alternativa valida all’isolamento finanziario internazionale? In che modo il conflitto russo-ucraino ha un impatto nel settore delle criptovalute?
Keywords
Ukraine, hybrid warfare, cryptocurrencies, digital assets
Federico Borgonovo, Azov Battalion: Extreme Right-Wing Militarization and Hybrid Warfare
Abstract
This article analyzes the origins and features of the Azov Battalion. A hybrid weapon, which fight inside a multivariate hybrid conflict composed by a combination of urban warfare, propa- ganda, and politics. The Azov Battalion represent one of the clearest examples of the increasing complexity of warfare. Complexity and hybridization are due to the growing number and di- versity of actors involved. The Russo-Ukrainian conflicts no longer remain local; instead, from 2014 to 2022 has increasingly attracted external actors, as right-wing extremists and extend to the Internet. This analysis, try to explain how Azov Battalion became such an effective weapon and what could be its outcome after the war. This aim was achieved by reconstructing the fun- damental historical steps and then theorising the so-called Azov system. The latter is a model that synthesises Azov’s hybrid capabilities acquired through its diversification and attempts to illustrate the high degree of complexity of military systems fighting in hybrid contexts.
Keywords
Azov, Hybrid, Ideology, Ukraine, Army, War, Extremist
Marco Zaliani, The importance of the Cyber battleground in the Russo-Ukrainian war
Abstract
The increasingly hybrid nature of conflicts has become even more evident in the recent re-ig- nition of the never-dead Russian-Ukraine crisis. The new chapter of this conflict, which arose from the Russian military invasion of Ukrainian territory, was characterized by massive use of hybrid instruments of the conflict that went hand in hand with the military one. In this con- text, the cyber dimension of the conflict has reaffirmed its central role. As it is now an integral part of these conflicts and no longer ancillary to them. Starting from a study of the implemen- tation of cyber-arsenals used in the Ukrainian context, we want to give a more precise image of this type of weapons which, just like conventional arsenals, are exploited to achieve specific objectives by a variety of actors. In fact, in this conflict, the “cyber-line ups” that have seen state and non-state actors intervening alongside both Russia and Ukraine are also indicative. From these considerations, one can get an idea of the current role of cyber in the context of new hybrid conflicts and specifically outline the scenarios that the Russo-Ukrainian conflict may cause in cyberspace even after hostilities are over.
Keywords
Ukraine, cyber, hybrid warfare
Luca Cinciripini, The hybrid response of the EU and NATO to the Russia-Ukraine conflict
Abstract
The ongoing conflict between Russia and Ukraine embodies the main features of hybrid war-fare. Alongside the military dimension, the use of propaganda tools, disinformation campaigns and cyber-attacks has fully emerged so far, as well as the multiplicity of state and non-state actors involved. Faced with this complexity, the European Union (EU) and NATO, unable to make full use of the military instrument to contain the consequences of the conflict, have put in place a multidimensional response. Up to now, it has been articulated in the use of both hard and soft power tools that have transversally involved different sectors. On the one hand, therefore, there was the supply of military equipment to the ukrainian front. On the other hand, lawfare instruments such as economic sanctions have been put in place, as well as trade, financial and energy measures aimed at isolating Russia from the rest of the international
community. Considering the factors that have long been observed in the field of international security studies, the future context will be increasingly dominated by hybrid warfare and the need for various actors to avoid open military clashes. The response of the EU and NATO to the Russian-Ukrainian crisis could, on the one hand, highlight the difficulties of the two organizations in fully transforming themselves into global players in the framework of international security and defence. On the other hand, could be a first step toward the exercise of a potentially replicable hybrid power in the management of future crises.
Keywords
Ukraine, Russia, EU, NATO, hybrid warfare
NAVIGARE SCENARI IBRIDI: PROSPETTIVE
Giacomo Buoncompagni, L’Amore Altruistico in tempi di guerra e pandemia
Abstract
Pitirim A. Sorokin, a Russian sociologist naturalised in the United States and a leading figure in 20th century sociology, stated that historical and techno-cultural changes have not always produced positive results within societies, but at times even negative (or more precisely, ‘de- structive’) ones: individualism, antagonism, an excess of technology and rationality, and in particular the fall of the bonds of solidarity towards the different and the loss of the feeling of belonging (Mangone 2015; Cimagalli 2010; Marletti 2018; Perrotta 2016).
Altruism can also be one of the indispensable ingredients of social life, useful for preventing crises and conflicts.
No society can exist without an “altruistic and creative love” that has as its aim the “altruisa- tion” of individuals and social institutions: a complex process/project capable of encompassing the emotional, supra-rational and spiritual aspects of human relations (including online), start- ing from the idea that all men can recognise themselves in certain moral principles, eternal and universal.
Considering the current pandemic and war scenarios, the aim of the paper is to illustrate the main theoretical lines of Sorokin’s scientific thought, which made sociology a “science at the service of humanity” useful also for the study of disasters, i.e. all those events involving con- junctions of physical conditions and definitions of human damage and social disorders (e.g. natural disasters, wars and cyber attacks).
Pitirim A. Sorokin, sociologo russo naturalizzato statunitense, figura di spicco della sociologia del XX secolo, affermava che i mutamenti storici e tecno-culturali non sempre hanno prodotto risultati positivi all’interno delle società, ma a tratti anche negativi (o più precisamente “di- struttivi”): individualismo, antagonismo, eccesso di tecnica e di razionalità, ed in particolare la caduta dei vincoli di solidarietà nei confronti del diverso e della perdita del sentimento di appartenenza (Mangone 2015; Cimagalli 2010; Marletti 2018; Perrotta 2016).
L’altruismo può essere uno degli ingredienti indispensabili alla vita sociale, utile per prevenire crisi e conflitti.
Nessuna società può esistere, infatti, senza un “amore altruistico e creativo” che abbia come fine “l’altruizzazione” degli individui e delle istituzioni sociali: un processo/progetto comples- so in grado di comprendere gli aspetti emotivi, sovra-razionali e spirituali delle relazioni uma-
ne (anche online), partendo dall’idea che tutti gli uomini possono riconoscersi in determinati principi morali, eterni ed universali.
Considerando gli attuali scenari di pandemia e di guerra, lo scopo del paper è quello di illustra- re le principali linee teoriche del pensiero scientifico di Sorokin, che ha fatto della sociologia una “scienza al servizio dell’umanità” utile anche per lo studio dei disastri, cioè di tutti quegli eventi che coinvolgono congiunzioni di condizioni fisiche e definizioni di danno umano e disturbi sociali (ad esempio, calamità naturali, guerre e cyberattacchi).
Keywords
Sorokin, altruism, media, digital, crisis, covid19, war
Daisy Marcolongo, Gestione dell’emergenza Covid-19: dalla teoria all’analisi. Il caso Bergamo
Abstract
L’intento dell’elaborato è quello di analizzare, dal punto di vista organizzativo e comunica- tivo, la gestione dell’emergenza Covid-19 in Italia, rivolgendo un’attenzione particolare alla provincia di Bergamo. Al fine di raggiungere tale intento sono stati utilizzati due strumenti di ricerca: l’intervista semi-strutturata ad amministratori locali, Protezione civile e volontari e il questionario strutturato alla popolazione. Dallo studio in profondità è emersa l’incredibile capacità degli enti locali e dei volontari di organizzarsi per fronteggiare l’emergenza senza indicazioni precise e in assenza di dispositivi di protezione, utilizzando conoscenze pregresse e piani di prevenzione non aggiornati. La gestione dell’emergenza in Italia è stata caratterizzata da un susseguirsi di DPCM e ordinanze regionali che hanno regolato il comportamento dei cittadini e l’apertura o chiusura di esercizi commerciali, luoghi di ritrovo e centri sportivi. Inizialmente le misure sono state accolte in modo favorevole dalla popolazione, tuttavia, sono emerse serie difficoltà di gestione della comunicazione; infatti, si evidenzia un uso scorretto dei canali social ufficiali del governo utilizzati per diffondere, anticipatamente e senza un’ade- guata analisi comunicativa, notizie contenute in documenti ufficiali, aumentando incertezza tra popolazione e amministratori locali.
Keywords
Covid-19, crisis management, Bergamo
Federico Prizzi, Il Cultural Intelligence e la Negoziazione Operativa nelle Aree di Crisi
Abstract
La Negoziazione Operativa è una delle attività più importanti che possono essere richieste a un etnografo di guerra. Essa consiste in tutte quelle trattative svolte in supporto alle operazioni militari, sia in tempo di pace che di guerra, con le autorità locali (formali e informali), con personale militare e paramilitare, con i rappresentanti di organizzazioni internazionali così come con comuni cittadini. In particolare, la negoziazione consiste in una necessità che due o più parti hanno di trovare un accordo accettato da tutti i contendenti. Accordo che deve essere vantaggioso per gli interessi di ciascuna delle parti coinvolte. Differisce, pertanto, dalla media- zione poiché quest’ultima necessita della presenza di un terzo attore percepito, dai due o più contendenti, come neutrale e imparziale. Infine, differisce, dalla negoziazione operativa con- dotta dalle forze di polizia, perché quest’ultima è strettamente legata alla liberazione di ostaggi.
Keywords
Cultural intelligence, cultural diplomacy, negoziazione operativa, aree di crisi
Abstract
While the world in March 2022 is immersed in yet another military conflict on the territory of ex-Soviet Union, the Year of the Tiger started to show from its very beginning that solving various disputes is fastest through means of violence, and its subsequent suppression by means of power. This time it was on the territory of Kazakhstan, and the cause for outbreak of vio- lence in Almaty and elsewhere between January 5 and 7, unseen in this magnitude so far in Kazakhstan, may have been benign in its nature – ever growing prices of fuel, exponentiated by ever expanding poverty gap in Kazakh society.
However, the instantaneous and extremely tough measures taken by the country’s leader- ship – coupled with immediate involvement of military forces of the Collective Security Treaty Organization – indicated that much more than a mere overruling of popular dissent was at stake, and in order to attain its objective to silence the opposition, a clear and robust message had to be sent across.
Kazakhstan, in its 30 years of independence, has probably not been utterly immune to various types of disputes stemming from uneven distribution of wealth – certainly a long-term rule by one and only Nursultan Nazarbaev brought some “guarantees” of stability – but the extend of chaos, public disruption and the amount of blood spilled during the countermanding of re- bellion indicates that the relatively peaceful period of country’s post-Soviet development may be over and the oil and uranium rich nation needs to contend with both foreign interference as well as internal changes.
The events classified by some as insurgency, by some as a terrorist attempt to overthrow the lo- cal or perhaps even national government, and by some as a trivial fight between the tribal clans aiming at control of the nation’s riches and the future, may have lasted not long – everything happened almost as unexpectedly and swiftly as a squall coming out of nowhere – but were a testimony to the fact that the political and economic status quo in any of the post-Soviet republics is not a long-term matter, and instead it can change at a whim of those having an access to both means and desires to alter the established ways. This article examines the vari-
ous viewpoints of both the possible causes of Almaty events of January 2022, as well as future ramifications for security status in the region, and perhaps also beyond.
Mentre il mondo nel marzo 2022 è immerso nell’ennesimo conflitto militare sul territorio dell’ex Unione Sovietica, l’Anno della Tigre ha iniziato a mostrare fin dall’inizio che la solu- zione di varie controversie è più veloce attraverso la violenza, e la sua successiva soppressione per mezzo del potere. Questa volta si trovava nel territorio del Kazakistan, e la causa delle pro- teste ad Almaty il 5 gennaio potrebbe essere stata di natura benigna – prezzi sempre crescenti del carburante, a causa del divario di povertà sempre crescente nella società kazaka.
Tuttavia, le misure istantanee ed estremamente dure prese dalla leadership del Paese – in- sieme al coinvolgimento immediato delle forze militari dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva – ha indicato che era in gioco molto più di un semplice annullamento del dissenso popolare, e per raggiungere il suo obiettivo di mettere a tacere l’opposizione, doveva essere inviato un messaggio chiaro e forte.
Non si può dire che il Kazakistan, nei suoi 30 anni di indipendenza, sia stato immune da vari tipi di contenziosi derivanti dalla distribuzione diseguale della ricchezza – certamente un governo a lungo termine di un solo e solo Nursultan Nazarbaev ha portato “garanzie” di stabilità – ma indica l’estensione del caos, il disordine pubblico e la quantità di sangue versato durante la revoca della ribellione che il periodo relativamente pacifico dello sviluppo post-sovietico del Paese potrebbe essere terminato e la nazione ricca di petrolio e uranio deve fare i conti sia con l’interferenza straniera che con i cambiamenti interni.
Gli eventi classificati da alcuni come ribellione, da alcuni come tentativo terroristico di rove- sciare il governo locale o forse anche nazionale, e da alcuni come una banale lotta tra i clan tribali che mirano al controllo del futuro della nazione, potrebbe essere durato non a lungo
- tutto accadde quasi inaspettatamente e rapidamente come una burrasca proveniente dal nulla – ma erano una testimonianza del fatto che lo status quo politico ed economico in una qualsiasi delle repubbliche post-sovietiche non è una questione a lungo termine, e invece può cambiare per un capriccio di coloro che hanno accesso sia ai mezzi che ai desideri di alterare i modi stabiliti. Questo articolo esamina i vari punti di vista di entrambe le possibili cause degli eventi di Almaty del gennaio 2022, così come le future ramificazioni per lo stato di sicurezza nella regione, e forse anche oltre.
Keywords
Kazakhstan, Central Asia, Terrorism, Insurgency, Regional Security, Coup d’état
Ali Fisher – Nico Prucha, “Working and Waiting”: The Salafi-Jihadi movement on Telegram in 2021
Abstract
Salafi-Jihadi groups adopted the Telegram messaging platform around 2016. Since then, it has been a mainstay of the information ecosystem for groups such as al-Dawlat al-Islamiyah (IS) and al-Qaeda (AQ) and other foreign terrorist organisations (FTO). While the Salafi-Jihadi move- ment has been using Telegram, the general userbase of the platform has grown rapidly, it was 5th most downloaded mobile app worldwide in 2021 and 13th most used social platform globally. This paper uses examines how the Salafi-Jihadi movement operates on Telegram as a network of interconnected hubs where traffic and influence flow in multiple directions creating a vast dynam- ic ecosystem. This research offers the most comprehensive analysis, to date, of the information ecosystem of Salafi-Jihadi groups on Telegram. It is based on observation during 2021 of over 7,000 channels belonging to elements of the Salafi-Jihadi movement including IS, AQ, Taliban, the Muslim Brotherhood, and Hamas, along with Salafi channels of importance to the movement.
It finds that just under 90% of the channels connect into a single giant network (including channels from IS, AQ, Taliban, the Muslim Brotherhood, and Hamas). This means they are part of an interconnected ecosystem which comprise sub-clusters that have varying degrees of shared meaning. They often share common sources of content, frequently those channels on the Salafi side of the Salafi-Jihadi nexus. Such channels create a permissive environment in which Salafi-Jihadi groups can target their intended audience, and share material to bolster their theological position to craft a specific religious identity. Furthermore, the most important Salafi channels are much more likely than other channels to be sharing join links to other channels. Despite the volume of data available via Telegram, with some notable exceptions, much of the analysis and commentary of the Salafi-Jihad movement on Telegram has been anecdotal or su- perficial, resulting in the image of very insular Jihadi communities just talking to themselves. In 2021, far from being driven off Telegram (or the internet) by EUROPOL led disruption efforts, the Salafi-Jihadi movement and the FTO elements within it, have reconfigured just as a flock of birds adjusts in flight to the attack of a predator. In 2022 they continue to exploit the platform.
Keywords
Salafi-Jihadi movement, Telegram, strategic communication
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Fascicolo 14 | 2021
PUZZLE AFGANO
Marco Lombardi, Puzzle afghano
Abstract
Afghanistan is a Crossroads (Caspani E., Cagnacci E., Afghanistan crocevia dell’Asia, Vallardi 1951): a plural place of multiple objects that intersect, approach, contaminate, detach, conflict: a constant morphogenetic process that never allows detecting a stable form that favors some predictability of future forms.
Afghanistan has always been a puzzle, whose recomposition cannot be inspired by the figure on the box that contains its pieces.
Unfortunately, this is evident every time the transient form, characterizing that historical period, fragments to prepare for a new configuration, opening a long period of uncertainty and causing serious damage to the objects that had characterized the stability of the previous period.
Afghan was always a puzzle, for all those who have crossed the Khyber Pass.
Precisely for this reason, we have decided to publish in this issue of the magazine a series of articles, even short ones, each of which wants to be a piece of the larger puzzle. Please be careful that we are not proposing a vision (the guide image printed on the game box) but we are beginning to make pieces available to favor a future logic, always reviewable, that can compose them in some form.
It is however understandable that the pieces offered are not thrown home in the box, but underlie an interpretative background that emerges by some considerations.
These are the events that led to the surrender of Kabul – not its fall – whose effects were already written.
It could not be otherwise.
But it could have been different.
I don’t think it’s possible to predict future Afghanistan right now, but I think it’s useful to collect the pieces of the puzzle and try to put them together in a design capable of redefining itself at the entrance of each subsequent new piece.
It is in this spirit that we offer the first pieces of the game with the following articles.
Keywords
Afghanistan, conflicts, scenario analysis
Abstract
With most international press reporting after August 2021 being focused on “fall of Kabul”, it should be noted that it will be those who carry on in the region as neighbors that need to deal with Taliban-controlled Afghanistan, and not as much those who left. With centuries of foreign conquest that attempted to subdue Afghanistan and its people, the most impactful in the past 50 years will remain both the decade long Soviet occupation of the land and US presence that lasted 20 years and ended abruptly two months ago.
Uzbekistan, as the most populous country of the Central Asian region, has had a special relationship – either to, or with Afghanistan – as the Uzbek SSR it was a preparatory ground for Soviet troops commencing its occupation in 1979. Then, throughout the occupation period it kept functioning as a military base through which the Soviet armed forces entered and exited Afghanistan.
The article examines Uzbekistan’s exposure to Islamic extremism throughout its 30 years of independence, as well as historical traits that shaped the future interrelation with more religiously fundamental neighbors. The country may have kept away from the open civil conflict that became widespread in other parts of the ex-Soviet area, but was not immune to attempts (albeit relatively sporadic) to topple its secular regime by radical elements originating either within homeland, or in its immediate vicinity.
The origins and growth of Taliban movement in Afghanistan are intertwined with many of the extremist events taking place within Uzbekistan after 1990, and an scholastic attempt is being made at assessing the current potential reach of both Taliban as a cultural-religious phenomenon as well as the multiple radical elements flourishing inside Afghanistan to neighboring region, in particular Uzbekistan.
Con la maggior parte dei servizi giornalistici internazionali dopo l’agosto 2021 incentrati sulla “caduta di Kabul”, va notato che saranno coloro che continuano nella regione come vicini a dover affrontare l’Afghanistan controllato dai talebani, e non tanto quelli che se ne sono andati. Con secoli di conquiste straniere che hanno tentato di sottomettere l’Afghanistan e il suo popolo, il più impattante negli ultimi 50 anni rimarrà sia la decennale occupazione sovietica della terra e la presenza statunitense che è durata 20 anni e si è interrotta bruscamente due mesi fa.
L’Uzbekistan, in quanto paese più popoloso della regione dell’Asia centrale, ha avuto un rapporto speciale, con o con l’Afghanistan – come Repubblica socialista sovietica uzbeka era un terreno preparatorio per le truppe sovietiche che iniziavano la sua occupazione nel 1979. Poi, per tutto il periodo di occupazione, ha continuato a funzionare come base militare attraverso la quale le forze armate sovietiche entravano ed uscivano dall’Afghanistan.
L’articolo esamina l’esposizione dell’Uzbekistan all’estremismo islamico durante i suoi 30 anni di indipendenza, così come i tratti storici che hanno plasmato la futura interrelazione con i vicini più religiosamente fondamentali. Il Paese potrebbe essersi tenuto lontano dal conflitto civile aperto che si è diffuso in altre parti dell’area ex-sovietica, ma non fu immune da tentativi (sebbene relativamente sporadici) di rovesciare il suo regime laico da parte di elementi radicali originari o della patria, o nelle sue immediate vicinanze.
Le origini e la crescita del movimento talebano in Afghanistan sono intrecciate con molti degli eventi estremisti che si sono verificati in Uzbekistan dopo il 1990, e si sta facendo un tentativo scolastico di valutare l’attuale potenziale portata dei talebani come fenomeno culturale-religi-oso così come i molteplici elementi radicali che fioriscono all’interno dell’Afghanistan nella regione vicina, in particolare l’Uzbekistan.
Keywords
Afghanistan, Uzbekistan, Taliban, Radicalism, Regional Security, Threat to Homeland
Luca Cinciripini, Il nuovo governo talebano, tra interessi locali e minacce internazionali
Abstract
Il varo del nuovo governo a guida talebana è stato a lungo considerato il primo banco di prova per valutare le prossime mosse dei nuovi padroni dell’Afghanistan nei confronti della comunità internazionale. Secondo numerosi osservatori, infatti, un’eventuale presa di distan-za dalla galassia estremista e terroristica avrebbe potuto segnalare l’intenzione dei Talebani di perseguire la strada del dialogo e del riconoscimento internazionale. Tuttavia, attraverso un’attenta lettura della composizione del nuovo esecutivo si rileva un forte elemento di continuità con la leadership talebana che guidò il Paese fino alla caduta del regime nel 2001. In aggiunta, i ruoli di primo piano conferiti a figure legate a doppio filo al mondo del terrorismo, come nel caso dei leader del clan Haqqani, segnala quanto i legami tra il nuovo establishment talebano e il jihadismo restino estremamente saldi. Si rileva, in aggiunta, l’innovativo utiliz-zo di argomentazioni giuridiche nel richiamare presunte violazioni di accordi internazionali da parte degli USA, segnalando un salto di qualità nelle strategie talebane e confermando il crescente peso del lawfare nel quadro dei conflitti ibridi. Infine, il coinvolgimento di attori regionali e internazionali nella formazione del governo è destinato a incidere sulle prossime mosse dell’esecutivo afgano, con inevitabili ricadute su un’area di crisi dotata di proiezione non solo locale bensì globale.
Keywords
Afghanistan, Haqqani, Talebani, governo afgano
Daniele Plebani, Islamic State – Khorasan: “Fotografia in movimento” post 26 agosto 2021
Abstract
Quanto avvenuto in Afghanistan nell’agosto 2021 ha segnato la fine di un’era militare e una svolta nella politica regionale e internazionale. Il ritiro della coalizione e l’avanzata dei Talebani verso Kabul sono state quasi adombrate da un terzo attore, IS-Khorasan, il quale è riuscito a porre la propria firma su questo crocevia storico e che potenzialmente può essere la base per una nuova epopea del gruppo nella regione. Proprio in Afghanistan, uno dei paesi dove IS ha subito maggiori perdite, potrebbe partire la scintilla per infervorare ancora una volta i propri adepti in tutto il globo e riproporsi quale competitor per la primazia della galassia jihadista.
Keywords
islamic state, khorasan, terrorismo, Talebani, Kabul
Abstract
Per i Talebani una “forza speciale” è un soggetto per natura ibrido e la Badri Force 313 rappre-senta uno degli esempi più chiari ed espressivi di tale concezione. Lo stesso nome Badri 313 è stato attribuito a diverse unità militari appartenenti alle forze Talebane. La prima unità nota come Brigata 313 rappresentava un’unità suicida d’élite connessa alle cellule qaidiste presenti nel paese. Con l’evolversi del conflitto la strategia mediatica portata avanti dagli esponenti del Haqqani network si è modificata e con essa anche l’impiego delle forze speciali. Alla presa di Kabul è stata infatti notata la presenza di unità militare denominata Badri Battalion 313 e poi Badri Force 313, altamente addestrata e ben equipaggiata, impiegata come forza di sicurezza. Ripercorrendo la storia e l’evoluzione delle unità note come Badri 313 è stato possibile oss-ervare un utilizzo combinato di strategie mediatiche e impiego di forze speciali.
Keywords
Haqqani, Talebani, Badri 313, Forze Speciali, Propaganda
Marco Zaliani, La reazione dell’ecosistema digitale della destra alla vittoria talebana
Abstract
La ritirata americana dall’Afghanistan ha scatenato molteplici reazioni negli ambienti estrem-isti online. Uno dei più recettivi all’evento è stato sicuramente l’ambiente della destra estrema. Diverse sue frange hanno infatti sfruttato l’eco mediatico della vittoria talebana per proporre chiavi di lettura diverse a seconda dell’ideologia di riferimento. Partendo dall’etno-nazionalismo, passando per l’anti-establishment e il complottismo fino ad arrivare alle ideologie incel e al conservatorismo. Nonostante le apparenti differenze inconciliabili, l’estrema destra e i gruppi jihadisti pre-sentano affinità sia ideologiche che operative. Queste vicinanze hanno infatti permesso una reciproca ispirazione ed emulazione da parte di gruppi di estrema destra e jihadisti, accomuna-ti da nemici comuni, tattiche comunicative analoghe e logiche pro-violenza.
Keywords
Afghanistan, Talebani, estrema destra, comunicazione, ideologia
Giacomo Buoncompagni, The Role of Technology and “Infodemic” in The New Afghan Crisis
Abstract
Unlike twenty years ago, the Taliban no longer suffer from ‘technophobia’. They have learned that communication (and information overload) are crucial in their battle for power, and the recent takeover of Kabul has shown us that. The Taliban conquest was carried out with weap-ons, AK-47s, M-16s, and also with state-of-the-art smartphones (Alonso 2021; Stengel 2021). A power struggle where the time factor and technology, accompanied by an almost silent construction of the communication strategy (public and digital), have been the two real weapons of Taliban success and Western failure. In the 1990s, the Taliban rejected any form of progress and any kind of technological aspects, including access to the Internet. However, after taking Kabul, they are fascinated by the gymnasium of the presidential palace, participate in the international press and some of the leaders do not hide their Apple Watch (Mozart, ur-Rehman 2021). The Taliban have deployed their weapons of media seduction in an attempt to reassure the international community, not hiding their communication skills and technological read-iness and trying to rebuild their reputation in the digital public space, countering the news overload produced by the Western media with distorted information. Through the study and qualitative analysis of international press sources and available scientific literature, the main socio-historical and socio-communicative aspects concerning the communication and strategic use of the media by the Taliban leaders in Afghanistan will be analyzed.
Keywords
social media, Taliban, infodemic, terrorism, Kabul, Afghanistan
LA RIDEFINIZIONE DELLO SCENARIO DI MINACCIA
Abstract
Negli anni a venire la pandemia del Covid-19 avrà notevoli ripercussioni sull’economia e sull’ordine internazionale. In l’Italia essa ha fatto emergere le fragilità e le criticità del tessuto economico-produttivo nazionale ovvero la mancanza di una cultura geoeconomica che renda il Paese resiliente in un contesto globale permeato dai conflitti di quinta generazione. Per difendere le aziende strategicamente importanti in una fase di debolezza sistemica, l’Italia ha dato una risposta emergenziale, di tipo passivo, con l’aggiornamento della cosiddetta norma-tiva golden power. Qualora questo strumento venisse coordinato con un approccio maggior-mente attivo, basato sull’istituzionalizzazione di un sistema di intelligence economica, l’Es-ecutivo fornirebbe il sistema-Paese gli strumenti adatti a facilitare la formazione di una nuova dinamica di sviluppo migliorandone le capacità di reazione e di competitività a livello globale. Il cambio di postura internazionale dell’Italia è reso urgente a causa dal ventennale ritardo nella comprensione delle esternalità positive originate dai sistemi d’intelligence economica stranieri e per il moltiplicarsi della dinamicità geopolitica a livello globale.
Keywords
intelligence economica, golden power, sicurezza, Covid-19
Abstract
With the advent of information technologies (IT) and the birth of a fifth dimension of conflict, nation states are called upon to face a growing and diverse number of real and current threats. The dual-use nature of information technologies, the lowering of the access threshold to military capabilities determined by the potentiality of the network, the growing digital protectionism manifested by the great powers and the inversely proportional relationship between computerization and security in modern societies, force governments to build and implement cybernetic architectures able to protect society and Operators of Essential Services (OES) from threats coming from the ubiquitous and pervasive front of cyberspace. In Italy, with the National Strategic Framework for the security of cyberspace, some important steps in this direction have been accomplished, which then resulted in the formulation of the National Plan for cyber protection and cybersecurity, in the implementation of the European NIS directive and in the establishment of a national Computer Security Incident Response Team (Italian CSIRT).
Keywords
cybersecurity, national Security, cyber Strategy, information technologies, cyberspace, cyber-war, sicurezza informatica, sicurezza nazionale, architettura cibernetica, spazio cibernetico, informatizzazione, guerra cibernetica
Abstract
Ransomware attacks are now the greatest threat to critical infrastructure. These threat actors block data and/or IT systems of the infrastructures and then make the description key available only upon payment of a ransom, in Bitcoin or Monero. The case of the attack on the health system of the Lazio Region is perhaps the most famous in the Italian panorama but certainly not the most dangerous. The consequences are not limited only to business aspects but can evolve into forms of digital warfare between nations, new forms of political persuasion, or even new forms of extortion racket available to criminal organizations.
There are several ways in which you can respond to these cyber attacks: from defense mechanisms on data retention on backup, or you can simply give in to the requests of the attackers or even try to negotiate, trying to understand if the attackers are actually in possession of the decryption keys, up to the common strategies between public and private, even transnational, which aim to improve the sharing of information and defense mechanisms. This last strategy would be the one to be favored since the infrastructures are crucial for the functioning of the States.
Keywords
intelligence economica, golden power, sicurezza, Covid-19
Daniele Maria Barone, Anti-establishment: demand and supply
Abstract
In audience-driven contexts, believing passionately in a set of values or a cause is an asset. In borderline cases, this emotional context can facilitate, deliberately or not, the adoption of single-minded visions for solving problems and changing society, leveraging on uncertainty instead of focusing on objective criteria, promoting the categorization of social groups through the paradigm of “us and them”.
This highly emotional narrative has proven to be a versatile vector for extremist discourse, able to overlap the ideological aspect and connect divergent views.
The adaptive features of this rhetoric allowed its pervasiveness from violent extremist circles to opaque communication contexts, becoming a transversal boundary-spanning tool for different social segments. Thus, the propagation of a communication phenomenon, rooted in social structural changes as globalization, educational and cultural divisions, increased polarization between prosperous and less developed regions, tech giants self-regulation, political or religious dissatisfaction.
With these premises, this paper is aimed at analyzing how polarized rhetorics, adapting to an ever-evolving social set of values, can insinuate in some non-extremist contexts and understand how their exploitation by various actors can incentivize the spread of anti-establishment views or beliefs.
Keywords
Anti-establishment, disinformation, conspiracy theories, extremism
PENSARE IL TERRORISMO
Riccardo Micheletti, Terrorismo e morale. La posizione israeliana alla luce dell’operazione Entebbe
Abstract
There is a deep connection between the fight against terrorism and moral; a connection that represents the precondition necessary to “every” sort of effective contrast to the phenomenon. That concept emerged clearly during the international conference that took place in Washington by Jonathan Institute, in June 1984. In this convention, where authorities of the most diverse disciplines were invited to report (jurists, philosophers, historics, journalists and strategic studies experts), the experts tried to provide the guests some effective “tools”, drawn to lighten up the complex phenomenon of international terrorism. «However as a premise to all these means», pointed out during the conference Benjamin Netanyahu, that is the one who became multiple times Israel’s Prime Minister, there had to be an assurance, «the moral belief that terrorism, in any shape or pretext», it was «an inexcusable evil». The moral subsidence, an “ambiguous” position, not evident towards terrorism phenomenon, could only strengthen, in the eyes of terrorists, the idea of an intrinsic “weakness” of free peoples.
According to Netanyahu, in front of the threat of terrorism it was necessary to respond by practicing the moral virtue of courage, not only at a military level, but also at all levels of society, particularly at a political and civil level. During Operation Entebbe (military action performed in the hinterland of Eastern Africa, in the night between 3 and 4 July 1976, that rescued 103 hostages, mainly Israelis, and members of Air Force 139’s flight crew, hijacked by four terrorists), such virtue was wield exemplarily concerning the political aspect (in the first place by Yitzhak Rabin, Prime Minister of the state of Israel at the time), the military one (by Lieutenant Colonel Jonathan Netanyau, dead during the operation), and indirectly by Israel’s civil society, historically trained, in every aspect, to actively react to the ceaseless threats of terrorism. After Operation Entebbe’ success, no plane that took off or landed in the state of Israel was ever hijacked again.
Keywords
Terrorismo, Morale, Entebbe, Relazioni internazionali
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Fascicolo 13 | 2021
PERSPECTIVES ON VIOLENT EXTREMISM
Barbara Lucini, QAnon: risk assessment sociologico di un fenomeno estremista
Abstract
This article aims to propose a sociological reflection of risk assessment represented by the QAnon phenomenon. The complexity of QAnon, its communication mechanisms, the relational and organizational peculiarities deserve to be deepened, considering the social categories and cultural aspects that intervene in the constitution of different forms of the same phenomenon.
Through an analysis of the historical, social and cultural components of this phenomenon and a google trends research related to the research on the subject QAnon carried out in Italy, France, the United Kingdom, Germany it has been possible to propose an interpretative model capable of orienting the assessment of the risk of radicalization and extremism, as well as the future scope of this potential threat, which seems to be increasingly a resilient extremist phenomenon.
Keywords
QAnon; radicalisation; extremism; violence; social movements; resilience
Abdullah Metin, West of ISIS: a discourse and operation analysis from occidentalist perspective
Abstract
Studies on terrorist organizations have been constantly increasing as terrorism have become an imminent threat at the global level. One of these organizations, the self-declared Islamic State in Iraq and Sham (ISIS) has provided so much data through its intensive media use. Although considerable research has been done on ISIS’ magazines, videos, and social media releases, less attention has been paid to its discourse on the West. Therefore, this paper aims to explore ISIS’ perception of the West from Occidentalist perspective. To achieve this aim, numerical and text-based data was acquired by scanning ISIS propaganda magazines, Dabiq, Konstantiniyye, and Rumiyah. Also, an operational analysis was performed by mapping the locations targeted by ISIS’ actions. This article contributes to the literature on several points. First, while almost all of the studies analyze only the English-language magazines Dabiq and Rumiyah, this study also includes the Turkish magazine Konstantiniyye. Second, unlike other studies, this research also focuses on ISIS’ targeting of the Western way of life. Third, the study assesses ISIS’ attacks in the West by combining them with the content analysis of the magazines. Last but not least, it compares ISIS’ reaction to the West with the other Eastern reactions that persisted for nearly 200 years. The results disclose that ISIS considers its struggle against the West as a religious and sacred war. It also targets the different core values and lifestyles of the West. Furthermore, ISIS’ discourse is repudiative, condemning, and challenging, whereas previous Eastern reactions to the West were eclectic and apologizing.
Keywords
Dabiq, Rumiyah, Konstantiniyye, terrorist propaganda, the Islamic State (ISIS), Occidentalism
Daniele Maria Barone, EU economic losses in the haze of jihad
Abstract
The consequences of the terrorist threat go far beyond intangible factors. Behind the casualties, the symbolic and communicative charge brought by the perception of a jihadist looming threat, reverberates in concrete impacts on the economy of a State, turning fear into costs or variations in economic standards at different levels.
In these terms, it is fundamental to analyze the direct and indirect economic consequences of terrorist attacks in Europe, to quantify their repercussions and which sectors should be accurately be monitored to efficiently prevent and counter the destabilization spread by these violent events.
From this perspective, based on previous researches and surveys in different sectors (i.e. socio-economic, marketing, policy-making) this paper is aimed at suggesting which areas could be better monitored to depict the economic consequences of terrorism in the EU and highlight which elements of the phenomenon are still over or underestimated.
Keywords
Jihad, terrorist attack, European Union, economy
Tiziano Li Piani, Threat Assessment and Vulnerability Mapping for Sensitive Buildings against Terrorism in urban environments
Abstract
The architectural and cultural heritage of European cities is exposed to various hazards of different nature – natural events such as floods or earthquakes but also man-made threats. The escalation of terrorist attacks conducted in urban environments against soft targets necessitates the development of guidelines for the antiterrorism design of buildings and public spaces. Counter-terrorism engineering design is challenged by the lack of definite knowledge and quantitative assessment concerning terrorist risks, including the behavior of terrorists prior and during an attack. The results of a pilot project that aimed at comprehensively addressing terrorist attack scenarios against Churches in urban settings are summarized in this chapter. The threat assessment was based on the statistical inference of patterns extracted from a sizeable database of such attacks. The statistical incidence of certain behavioral patterns enabled the quantitative elaboration of ten threat scenarios, addressing also timing and placement patterns of the attackers based on their modus operandi. Data analysis revealed inter alia that even if an attack is targeting the inside of a the building, people on the outside are also in danger, even beyond the entrance. The extension of this vulnerability area is not only determined by the type of weapons used but also depends on the social function of the public space in which the building is situated. This chapter summarizes the main results of the project and further interprets and generalizes its main findings.
Keywords
Terrorism, input, target, threat encoding algorithm, space of influence.
PERSPECTIVES ON CYBERWARFARE
Federico Borgonovo – Luca Cinciripini – Marco Zaliani, L’attacco hacker a SolarWinds: nuove frontiere del cyber warfare e impatti geopolitici
Abstract
The growing relevance of cyber warfare as a dimension of conflict and competition in international relations, such as to involve state entities and non-state actors, stems from the high level of digitization and interconnection achieved by contemporary society. Given the high pervasiveness of digital tools and technologies, cyber threats can now orient themselves not only towards the military sphere of a single country, but also towards civil infrastructures such as to seriously endanger national security. This implies the need for a careful evaluation not only of the technical specifications connected to certain attacks, but also to evaluate the potential repercussions on the international geopolitical level. Therefore, this article intends to trace the physiognomy of the hacker attack suffered by the US company SolarWinds, underline the scope and importance of the cyber threat and the possible repercussions of systemic security for Italy. Such large-scale attacks represent an immediate danger for various key sectors in the economic and social spheres, also considering the existing regulatory vacuum at the level of national and international law that limits the possibility of effective contrast and the identification of effective countermeasures. This article identifies the main gaps and threats of the current picture and indicates mitigation factors.
Keywords
Cyberwarfare, SolarWinds, Supply chain attack, malware, APT, impatto.
Cosimo Melella, Cyberwarfare: combattere in una nuova dimensione
Abstract
This work focuses on and explores the theme of a new type of war. Unlike the past wars, it has particular characteristics that are decreeing its success to the point that it is a candidate to become the paradigm of future conflicts between nations.
The 1910s of the 21st century began with state actors of the first cyber weapon known to the general public (Stuxnet). They ended at the end of last year with a significant cyber attack on some of the main infrastructures “sensitive”of the American government (the attack suffered by Solarwinds).
Cyberspace is, therefore, the new battlefield on which the leading players on the international stage face each other. In this arena, new forms of attacks develop, such as influencing attacks aimed at “influencing” public opinion by encouraging the copious dissemination of fake news through social networks.
In any fight, the goal is to overwhelm the opponent, annihilating the forces both on a tactical and strategic level. From this point of view, cyber operations are also more effective than conventional conflicts, allowing to launch of potentially devastating attacks on a technological or economic level, from the short to long run. Even without physically destroying the attacked sites, allow striking any goal at any time.
In the light of what has been summarized so far, we will proceed in this research work, starting from attempting to provide a clear definition of a cyber attack. It should be noted that this expression implies an unauthorized intrusion into a computer and a physical computer network with the intent of sabotage, and that can cause from simple forms of tampering to denial of service, up to the exfiltration of data and infiltration into servers.
We will then continue to outline which are the actors of the threats and the new types of attacks (among these, as previously mentioned, we find the new channels of disinformation), which will involve much more the mobile internet devices (smartphones and tablets) also under the reduction in costs and the increase in power of the same – combined with the new health emergency due to Covid19 – which, benefiting users, have made effectiveness and maintenance even more complicated the level of security of “sensitive” infrastructures.
The paper will conclude by referring to the new strategies used by the Rogue State and proposing new possible countermeasures and remediation methods, methods aimed precisely at preventing and limiting these attacks used by threat actors.
Keywords
Information Security, Cyberwarfare, Advanced Persistent Threat, Malware, Information Warfare
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Fascicolo 12 | 2020
I. COVID-19 and Communication Crisis Management
Marco Lombardi, Communication Crisis: COVID-19. Nothing since Chernobyl
Abstract
La pandemia da COVID-19 ha generato un’emergenza sanitaria e allo stesso tempo una crisi comunicativa. Infatti, molti degli aspetti fondamentali della comunicazione di crisi e del crisis management non sono stati considerati e attuati. In particolare, la presente riflessione vuole porre attenzione a quattro premesse fondamentali per interpretare quanto sta accadendo: guerra ibrida; società reticolare; la lezione appresa da Chernobyl; crisis management e specifiche competenze.
Queste premesse verranno declinate nei loro aspetti caratteristici al fine di giungere ad una considerazione finale che prevede di ricominciare daccapo, tenendo conto dei principi della comunicazione della crisi e del crisis management
Keywords
Communication crisis; covid – 19; crisis Management; crisis narratives; crisis scenario
II. Empirical Research – COVID-19 and Viral Violence – International Converge Project
Barbara Lucini, Foreword. COVID-19 and Viral Violence: state of the art and beyond
Maria Alvanou, Safety vs. Security during the COVID-19 pandemici
Abstract
I concetti di safety e security, anche se spesso considerati uguali, sono in realtà diversi. La differenza principale si riferisce all’intento umano dietro il comportamento che causa la minaccia o l’evento dannoso. Le crisi sanitarie, come quella rappresentata dal COVID-19, costituiscono una minaccia contro la sicurezza e rendono imperativo per gli Stati adottare misure di protezione. Già l’esperienza di gestire la minaccia alla sicurezza del terrorismo dopo l’11 settembre ha mostrato come le politiche statali possano avere un grave impatto sulle società. L’articolo tratta dell’impatto che le politiche di sicurezza per combattere la pandemia possono avere sulla sicurezza delle persone e soprattutto dei gruppi vulnerabili. Alle sfide per la sicurezza contro la vita e le libertà dei cittadini vengono presentati esempi provenienti da luoghi diversi in tutto il mondo e in particolare per salvaguardare la democrazia. Infine, la nozione di public safety e security come alibi per le misure che riducono i diritti e le libertà dell’individuo è trattata in modo critico.
Keywords
COVID-19, safety, security, threat, democracy
Abstract
Durante un disastro si perdono i punti di riferimento spaziali e sociali, per cui è usuale che si possa cadere in un disorientamento individuale e collettivo, che poi viene elaborato e riassorbito in svariate modalità, compresa l’attribuzione di responsabilità. Attraverso il ‘processo di blaming’ la comunità disastrata va alla ricerca delle cause della calamità e individua un responsabile, generalmente fuori dal proprio ambito o in qualche esponente interno difforme e non alienato. Ma cosa accade quando la scala di un disastro è planetaria e tutti gli esseri umani ne sono coinvolti? Lo stiamo sperimentando con la pandemia di COVID-19, che è un disastro sanitario globale che, a cascata, diventa disastro economico, psicologico e sociale. In particolare, durante il lockdown imposto in numerosi Paesi europei tra l’inverno e la primavera 2020, è andata crescendo una teoria secondo la quale il nuovo coronavirus sarebbe in qualche modo legato alla tecnologia 5G. Ciò ha avuto varie ripercussioni in manifestazioni di piazza di scettici della pandemia e di tecnofobici durante l’estate e, in alcuni casi più rari, a forme di vandalismo verso le antenne delle telecomunicazioni. Il paper indaga questo fenomeno attraverso la prospettiva e gli strumenti dell’antropologia culturale.
Keywords
COVID-19 pandemic, 5G technology, Conspiracy theories, Vandalism, Skeptics
Abstract
Questo articolo è finalizzato a presentare i risultati delle attività di ricerca condotte nell’ambito del progetto Converge – COVID-19 Working Group – Itstime Working Group: COVID-19 and Viral Violence.
La ricerca si focalizza su alcune domande chiave con lo scopo di esplorare, comprendere e interpretare come l’attuale pandemia causata dal virus COVID-19 possa influenzare le attività di varie forme di estremismo.
In aggiunta, viene proposto un approfondimento dell’estrema destra e delle sue molte espressioni, data la sua peculiarità e l’importanza come minaccia globale.
Le attività di ricerca sono state condotte in accordo a un approccio metodologico misto, usando strumenti metodologici come una survey investigativa online e una etnografia digitale fondata su open source.
L’analisi di queste ricerche ha prodotto significativi risultati per meglio comprendere e interpretare la minaccia posta dall’estrema destra in varie parti del mondo e nel contesto dell’attuale pandemia.
Infine, nuove relazioni tra concetti portano alla definizione di fusione dell’estrema destra per identificare quei fenomeni collegati all’estrema destra e al tema della violenza simbolica.
Keywords
Extreme Right, extremisms; Fusion extreme right; Symbolic violence; Viral violence, pandemic
III. SINGLE ISSUE
Abstract
La Repubblica Popolare di Cina rappresenta oggi uno dei grandi attori geopolitici mondiali. A tale posizione è potuta assurgere grazie alla cooptazione, in chiave anti Sovietica, effettuata negli anni Settanta del Novecento da parte degli Stati Uniti. Al termine della Guerra fredda Pechino ha optato per una politica di sviluppo che la portasse a primeggiare tanto nel settore economico, quanto in quello diplomatico e militare con lo scopo d’assurgere a potenza mondiale di riferimento. In tal modo il regime comunista cinese ha sfidato la logica della strategia che insegna a rifuggire dal perseguimento di un avanzamento di potenza contemporaneo nei tre settori, pena la creazione di un eccessivo attrito con gli altri Stati. La crisi del COVID-19 ha esasperato tale contrasto e sta portando gli Stati antagonisti a ridurre le capacità d’influenza economica di Pechino sfruttando anche gli evidenti contraccolpi alla capacità produttiva apportati dallo scoppio della pandemia.
Keywords
China, COVID-19, geo-economy, strategy, crisis
Abstract
L’obiettivo di questo articolo è quello di comprendere il recente aumento di omicidi registrato nei primi mesi del 2020 in diverse grandi città statunitensi, fornendo un quadro delle tendenze del crimine in quattro città: Atlanta (GA), Chicago (IL), New York City (NY) e Philadelphia (PA). Questo scritto non approfondisce l’identificazione di soluzioni efficaci e appropriate riferibili all’aumento di crimine violento. Invece, cerca di illustrare l’attuale aumento degli omicidi attraverso un’analisi quantitativa dei dati ufficiali sulla criminalità, che include le attività delle forze dell’ordine statunitensi a livello locale e le caratteristiche delle vittime e degli autori dei reati. L’articolo si basa su dati, messi a disposizione del pubblico attraverso i rispettivi siti web istituzionali, da ciascuno dei quattro dipartimenti di polizia summenzionati. L’articolo si sofferma inoltre sulle possibili cause del riportato aumento di omicidi e crimini violenti riconducibili all’uso di armi da fuoco.
Keywords
Crime trend; homicide USA; Gun-Violence
Abstract
Il presente studio mostra i risultati della prima ricerca condotta dal Gruppo di lavoro Covid istituito presso l’Istituto Nazionale di Criminologia (OKRI/NIC) a Budapest nel settembre 2020. L’analisi è stata effettuata sotto forma di una desk research sugli aspetti criminologici della epidemia da Covid, i cui risultati sono presentati in questo report. La corrente relazione funge anche da progetto per un’ampia ricerca prevista per il 2021. Dall’esito dell’analisi, si può senza dubbio concludere che la pandemia da Covid ha portato alcuni cambiamenti strutturali e nuovi fenomeni sono emersi anche nel campo della criminalità. Potremmo anche sperimentare queste nuove tendenze in Ungheria. Anche se in Ungheria, a differenza dei paesi dell’Europa occidentale, non c’erano movimenti di protesta violenti e il numero generale di atti violenti sembrava diminuire durante l’epidemia, sono apparse nuove forme di odio, i cittadini hanno comprato più armi e c’è stata anche una crescita degli atti di violenza domestica. L’epidemia ha rafforzato la comunicazione nello spazio online e quindi ha fornito un’opportunità per la criminalità informatica e le relative frodi e contraffazioni, mentre alcune nuove forme di frode hanno anche cominciato a diffondersi offline. Il governo ungherese ha ritenuto necessario introdurre norme giuridiche speciali per proteggere la salute dei cittadini e prevenire la diffusione di notizie false. Lo studio descrive anche queste misure giuridiche. L’esame dei sei mesi del periodo epidemico ci ha permesso solo di scoprire alcuni nuovi fenomeni, ma non ha fornito l’opportunità di ottenere dati interpretabili. Questo sarà il compito della ricerca futura.
Keywords
Russia, cultural diplomacy, international relations
Abstract
Questo breve contributo inizia con una riflessione sul COVID-19 e sull’evoluzione dei conflitti. Quindi, i due fenomeni sono messi insieme e coniugati nell’odierna realtà reticolarizzata, diversa e non-lineare, che, si argomenta, li rende intellegibili e ne fornisce una sintesi.
La geopolitica dell’informazione, degli aiuti e dei vaccini è presentata e sostenuta coerente con il quadro interpretativo sopra delineato; in conclusione, si coglie il bisogno di comprensione e gestione più efficaci della realtà contemporanea, dei rischi e delle minacce che presenta.
Keywords: COVID-19, hybrid conflicts, risk analysis, geopolitics.
IV. COMMENTARY
Federico Lunardi, COVID Pandemic: Some Free Thoughts
Filippo Nativi, COVID-19. Behind the Disease
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Fascicolo 10 | 2019
I. PERSPECTIVES ON CULTURAL DIPLOMACY
IN CONFLICT MANAGEMENT AND MITIGATION
Marco Lombardi, Culture and Action: Cultural Diplomacy and Cooperation
Abstract
The new, uncertain structures of the reticular global world call for innovative strategies. In particular, the new forms of diffuse conflict demand that international diplomacy give effective answers in terms of handling the crisis and reducing conflicts. In this context, cooperation has to regain credibility and competence to prove itself as a system of intervention suited to the new challenges, able to project itself into the new scenarios that are changing significantly and rapidly.
This brief note proposes to highlight some important factors of the change taking place, followed by the description of recent experiences in the field, concluding with the proposal of new kinds of involvement expressed in the Cultural Diplomacy Partnership, an experience of reticular cooperation formulated and promoted by our research centres, ITSTIME in the Università Cattolica, Milan, and CAARI at the Addoun University in Somalia.
Keywords
Culture, diplomacy, cultural diplomacy, crisis and conflict reduction.
Barbara Lucini, Cultural Resilience and Cultural Diplomacy: the State of the Art
Abstract
Il presente articolo intende fornire un’analisi dell’importante contributo che la resilienza, soprattutto nella sua dimensione culturale, può fornire nei contesti di post- crisi e negli scenari di conflitto, in relazione con l’approccio operativo della cultural diplomacy.
La premessa importante riguarda il concetto di resilienza e il suo ruolo nell’ambito della gestione delle crisi e dell’analisi del rischio. La resilienza culturale si ritiene essere fattore imprescindibile per la costruzione di identità nazionali, collettive e individuali che siano in grado di definire, interpretare e gestire le nuove minacce ibride.
Lo stesso elemento culturale unito al concetto di identità sono da considerarsi, quali driver per una necessaria relazione fra la dimensione culturale della resilienza e la cultural diplomacy.
Le considerazioni finali consolidano la prospettiva socio- antropologica legata alla dimensione culturale e all’applicazione del concetto di resilienza nell’ambito della cultural diplomacy, per la gestione delle tensioni e conflitti socio – politici in molte parti del mondo.
This paper aims to provide an analysis of the contribution that resilience, especially in its cultural dimension, can provide in post-crises and conflict scenarios, along with the pragmatic approach of cultural diplomacy.
The key premise is the concept of resilience and its role in crisis management and risk analysis. Cultural resilience is regarded as an essential factor to build national, collective and individual identities that are able to define, interpret and manage new hybrid threats.
Both the cultural factor itself and the concept of identity need to be seen as drivers for the required relationship between the cultural dimension of resilience and cultural diplomacy.
The final remarks consolidate a social anthropological perspective associated with the cultural dimension and the application of the concept of resilience in the framework of cultural diplomacy, with the aim to manage socio-political tensions and conflicts in many parts of the world.
Keywords
Cultural resilience, cultural diplomacy, security, adaptation, proactivity.
II. Perspectives on Terrorism & Counter-terrorism
Alessandro Boncio, The Italian shared house for combating terrorism
Abstract
Un aspetto spesso trascurato nello spiegare l’efficienza italiana nel contrasto e prevenzione del terrorismo, sia esso interno o internazionale, è rappresentato dalla struttura istituzionale creata nel 2004 per la gestione del problema. A tale proposito, il ruolo del Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (CASA), il centro italiano di fusione antiterrorismo, si è rivelato essenziale. La necessità di tali organizzazioni fu una diretta conseguenza degli eventi dell’11 settembre 2001, quando gli Stati Uniti avviarono la costituzione di un “fusion center” antiterrorismo, successivamente seguiti da altri paesi europei a seguito degli attacchi jihadisti di Madrid e Londra.
Il compito principale del Comitato era originariamente quello di prevenire attentati terroristici attraverso la condivisione di informazioni in tempo reale tra gli attori statali del comparto sicurezza. Dalla sua creazione, tuttavia, i compiti del CASA sono cambiati ed ampliati: il terrorismo “homegrown” (la fase di leaderless jihad), i Foreign Terrorist Fighters e la recrudescenza dell’estremismo violento interno, hanno portato a un’evoluzione delle competenze del CASA. Il Comitato si è rivelato particolarmente utile nel rafforzare la sinergia tra tutti gli attori coinvolti nelle attività antiterrorismo, rappresentando anche un centro fiorente per “istituzionalizzare” la cultura del sistema di sicurezza nazionale derivante da precedenti esperienze nella lotta al terrorismo interno (Le Brigate rosse, Organizzazioni neofasciste) e di criminalità organizzata (Mafia, Camorra, N’drangheta).
A causa del numero non elevato di eventi legati al terrorismo in Italia, esiste solo una percezione generica del ruolo svolto dal CASA nell’opinione pubblica nazionale e, più in generale, tra gli osservatori internazionali, poiché il Comitato viene raramente menzionato come uno strumento sinergico antiterrorismo. Tuttavia, la struttura si è rivelata strumento flessibile ed efficiente e, nonostante la sua ambizione di istituzionalizzare l’approccio italiano al controterrorismo, non è stata gravata dalle pastoie burocratiche che troppo spesso caratterizzano la pubblica amministrazione.
An often overlooked aspect in explaining the Italian efficiency in countering and preventing terrorism, be it domestic or international, is the institutional setting established in 2004 to manage this issue. In this respect, the role of the Antiterrorism Strategic Analysis Committee (CASA – Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo), the Italian counterterrorism fusion centre, has proved to be essential. While the need for centers like this was a direct consequence of 9/11, indeed being the US those starting this kind of center, other European countries started working on similar centers as a consequence of homegrown jihadist attacks.
The Committee primary task was originally to prevent terrorist-related incidents through real-time information sharing among state security agencies.. Since its creation however, the CASA chores widened and changed; homegrown terrorism (leaderless jihad phase), Foreign Terrorist Fighters and the resurgence of domestic violent extremism led to an evolution in the CASA competencies. The Committee proved to be particularly useful in strengthening the synergy between all the actors involved in counterterrorism activities, also representing a thriving hub to ‘institutionalise’ the national security system culture originating from previous experiences in countering domestic terrorism (The Red Brigades, Neofascist Organizations) and organized crime groups (Mafia, Camorra, N’drangheta).
Due to the contained number of terrorism-related events in Italy, there is just a basic perception of the role played by CASA in the national public opinion and, more broadly, among international observers, as the Committee is seldom mentioned as a synergic counterterrorism tool. The Committee however, proved to be a flexible, efficient tool and, despite its ambition to institutionalise the Italian approach to counterterrorism, was not burdened by the classic bureaucratic problems often characterizing the public administration. An in-depth analysis of this fusion centre can also highlight lessons to be learned for other countries facing the same type of threat as Italy.
Keywords
Antiterrorism, jihadismo, estremismo violento, intelligence, forze di polizia, Counterterrorism, jihadism, violent extremism, intelligence, law enforcement
Abstract
Il comune denominatore dell’utilizzo delle criptovalute da parte dei gruppi terroristici ha origine dall’inquadramento legale poco chiaro in cui le criptovalute attualmente operano. Tale contesto permette, seppur indirettamente, la proliferazione di una propaganda basta sul rifiuto dell’idea di Stato, descrivendo la gestione decentralizzata delle criptovalute come un mezzo di pagamento che appartiene esclusivamente al popolo e supera le interferenze prodotte dal controllo centralizzato del governo o di altri intermediari.
Concentrando l’analisi sulla giustificazione ideologica e gli opachi schemi di finanziamento messi in atto da organizzazioni terroristiche internazionali come Hamas, movimenti globali come i gruppi estremisti di estrema destra ed i loro simpatizzanti, poi descrivendo come piccoli gruppi mercenari jihadisti come il Malhama Tactical Team o campagne di donazione con scopi umanitari sospette stanno evolvendo le proprie competenze nei settori della comunicazione online e delle criptovalute, questa ricerca fornirà una visione sia generale che particolare degli attuali collegamenti terrorismo-FinTech. L’analisi spiegherà come, nonostante le competenze tecniche dei gruppi estremisti in questo settore sembrino essere ancora in fase embrionale, presentano imminenti prospettive di miglioramento, creando una diffusione a cascata di know-how e giustificazioni ideologiche e politiche. Queste caratteristiche del fenomeno possono generare un duplice risultato: trasformare il finanziamento al terrorismo in un’occasione senza precedenti per migliorare le tecniche investigative ed i metodi di analisi o, al contrario, rendere l’utilizzo per fini terroristici della finanza moderna un settore sempre più complesso da monitorare.
The common denominator in the exploitation of cryptocurrencies by terrorist groups, can be found in the grey legal framework where cryptocurrencies operate. This contest, even though indirectly, allows the diffusion of a propaganda related to the rejection of the idea of State, by depicting the decentralized control of cryptocurrencies as a mean of payment that belongs exclusively to the people, avoiding the interference of a centralized government control or any sort of middleman.
Focusing on the analysis of the ideological justification and opaque financing patterns used by international organizations as Hamas, global movements as alt-right extremist groups and their sympathizers, then describing in depth how small jihadist private military contractors as the Malhama Tactical Team or suspicious online humanitarian crowdfunding campaigns are developing their skills both in the online communication and in the cryptocurrency field, this essay is aimed at providing an either overall or specific view of the current terrorism-FinTech nexus. It will explain how, even though extremist groups’ skills in the cryptocurrency sector may seem at an infancy level, they are evolving very fast and creating a trickle-down diffusion of know-how and ideological or political justifications. These elements can generate a twofold outcome: turn terrorism financing into an unprecedented occasion to improve investigative and analysis methods or, on the other hand, turn exploitation of modern finance for terrorism purposes into a total undetectable sector.
Keywords
Jihad, Alt-right, Financing, Cryptocurrency, Cybercrime
Abstract
All’interno di un quadro complesso di Hybrid Warfare e Information Warfare, questo studio prende in analisi un dataset di account Twitter impiegati dalla società russa Internet Research Agency (IRA), tra 2009 e 2018, in operazioni di Information Warfare.
Obiettivo dell’analisi è quello di studiare la rappresentazione del terrorismo costruita e diffusa dall’IRA attraverso le azioni svolte dagli account in esame. Utilizzando il costrutto delle Rappresentazioni Sociali e metodi di Latent Semantic Analysis (cluster analysis e analisi delle corrispondenze multiple) vengono esplorati temi espliciti e impliciti associati al concetto di terrorismo veicolato su Twitter. Su un campione generale di 8.768.633 di messaggi pubblicati, sono stati filtrati 22.764 messaggi contenenti il lemma «terror». I risultati mostrano dinamiche temporali peculiari e contenuti che sottendono due tematiche principali: la natura della minaccia rappresentata (nota/ignota) e il posizionamento del nemico (interno/esterno). I limiti e le implicazioni pratiche di questi risultati vengono discussi con particolare riferimento: alle modalità e ai contenuti delle comunicazioni online riferiti al concetto di terrorismo, alle capacità operative espresse dagli account analizzati, alle possibilità future di applicazione in prospettiva di contrasto a operazioni di Information Warfare.
Within the complex framework of the Hybrid and Information Warfare, this study analyses a Twitter account dataset related to the Russian company Internet Research Agency (IRA) that was potentially used for Information Warfare operations, from 2009 to 2018.
The objective of the analysis is to reconstruct the representation of terrorism disseminated by the IRA through the actions carried out by the analysed Twitter accounts. Using the construct of Social Representations and methods of Latent Semantic Analysis (cluster analysis and multiple correspondence analysis) explicit and implicit themes associated with the concept of terrorism are explored. Out of a general sample of 8,768,633, 22,764 messages were filtered containing the lemma «terror». The results show peculiar temporal dynamics and contents that subtend two main themes: the nature of the threat represented (known / unknown) and the positioning of the enemy (internal / external). The limits and the practical implications of these results are discussed with particular reference to: methods and contents of online communications related to the concept of terrorism, capability demonstrated by the accounts analysed, further applicability of the analysis with a perspective of countering Information Warfare operations.
Keywords
Hybrid Threat, Information Warfare, Latent Semantic Analysis, Social Media Intelligence, Social Representation, terrorism
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Fascicolo 9 | 2019
I. International Relations and Cultural Diplomacy
Abstract
The current paper focuses on the need to think over the concept of globalization and its impact on the scenario of international cooperation.
The definition of globalization has been often related to other notions such as that of complexity, interconnection, homogenization aimed at the understanding of social and geopolitical changes. Although this effort, in the last years a new set of theoretical and methodological tools are needed to comprehend the inner changes represented by the new social and political scenarios. For this reason, the awareness about the global Hybrid Warfare and its features are the context for the development of future theories and methodologies for international cooperation, considering the importance of the Cultural Diplomacy.
The cultural diplomacy and its tool the cultural focal point are the efficient and adequate response to the period of transition we are living now.
The culture and the related social identities became the interpretative drivers to provide a new set of theories as well as the crisis management approach orients the advancement of the methodological tools.
Further, cultural resilience plays a crucial role to strength the high potential of the cultural focal point as diplomatic tools for the near future, in the field of international cooperation and especially, in the areas where the conflicts are harder and more resistant.
This new approach deals with conflict resolution through the principles of crisis management and the cultural perspectives, making possible a new way for managing pervasive conflicts and post-disaster stage.
Keywords
Cultural diplomacy, international cooperation, crisis management, resilience, cultural focal point.
Abstract
The aim of this article is to demonstrate, with an original perspective, the necessity of Cultural Diplomacy and Cultural Focal Points (CFPs) as new effective sources of cooperation and conflict resolution. In a contemporary global context which is characterized by hybrid conflicts, with a mixture of unofficial and official actors and enemies, and by the overcoming of the state-centred national system, the traditional approaches to crises and conflicts are incomplete. In order to guarantee long-term peace and recovery, it is important to shift from an exclusive political and governmental perspective, to an integration of social and cultural members. In this regard, Cultural Diplomacy claims its place as a new effective response to the contemporary framework, by arising with new resources. As a matter of fact, it moves ever further away from its original meaning in order to encompass a comprehensive approach, with a particular focus on the resolution of domestic crises as a prerequisite to both national and international security. In particular, this form of diplomacy is a new cooperation strategy for conflict resolution because it increases the democratic space within nations between political authorities and civilians, it fosters mutual understanding by fighting stereotypes, it reduces the risk of conflicts and provides the vital resilience to crisis management and post-conflict.
In particular, the first part of the article focuses on the practice and the meaning of Cultural Diplomacy, by also highlighting its advantages and disadvantages in relation to cooperation and conflict resolution. Specifically, its evolution into an even more cooperative and effective strategy at different levels deserves the appropriate consideration within the global and political framework. Concerning this aspect, I demonstrate the opportunity, inherent in a correct use of Cultural Diplomacy, of improving diplomacy, cooperation and international as well as national relations. The second part concerns Cultural Focal Points, that is dynamic centers of cultural preservation and reproduction, tested in the Tigray region of Ethiopia, which are considered new forms of Cultural Diplomacy. The focus is placed on their twofold objec-tive of promoting dialogue and cooperation and of enhancing the cultural heritage of each ethnic group, by relating it to the key features of CFPs (static nature, dynamism, singularity and plurality). These demonstrate their synergic nature as sources of conflict management, Cultural Diplomacy and resilience in the prevention and resolution of conflicts, as well as in reconstruction and recovery.
Keywords
Cultural Diplomacy, cooperation strategy, Cultural Focal Points (CFPs), identity, conflict resolution.
Nezka Figelj, Iran and religious sectarianism in the Middle East: the role of the European Union
Abstract
L’articolo scientifico esaminerà l’emergente rivalità tra sunniti e sciiti in Medio Oriente. La situazione si è recentemente intensificata e ha provocato violente rivolte tra le due fazioni. La frammentazione religiosa sarà analizzata dal punto di vista iraniano. Verranno introdotti i due attori principali dello scacchiere regionale: l’Arabia Saudita e l’Iran. L’articolo analizzerà il regime iraniano sciita concentrandosi sulla sua aspirazione all’egemonia regionale. Saranno affrontate le potenziali minacce del programma nucleare iraniano per la sicurezza di Israele. Il documento evidenzierà il ruolo degli interessi strategici dell’Unione europea in Iran dopo l’accordo nucleare iraniano.
Keywords
Iran, Saudi Arabia, religious sectarianism, rivalry Sunna-Shi’a, Israel, European Union.
Abstract
Questo articolo presenta un case study sulle politiche del governo russo nell’utilizzo dei Sovereign Wealth Funds (SWF). La prima parte del paper descrive come i SWF si siano evoluti nel tempo da assetti di un’economia di rendita a strumenti di sviluppo e arma geo-economica, tra i più efficaci nell’ambito delle nuove modalità di intervento statale nell’economia. La seconda parte analizza in profondità l’esperienza russa, descrivendo l’evoluzione e le funzioni dei diversi fondi sviluppati a partire dagli anni ’90 e il loro rapporto con la politica interna ed estera della Federazione. In conclusione, si riflette se l’utilizzo dei fondi sia stato congruo con il perseguimento degli obiettivi geopolitici del paese.
Keywords
Sovereign Wealth Fund, Russia, Geo-economics, Geopolitics, Entrepreneurial State, Commodities, Stabilization Fund, Reserve Fund, National Wealth Fund, Russian Direct Investment Fund.
II. Terrorism & Counter-terrorism
Daniele Plebani, Da Raqqa a Boghuz: l’evoluzione di Stato Islamico tra il 2017 e il 2019
Abstract
L’elaborato si propone di offrire una panoramica dell’evoluzione di Stato Islamico (IS) tra la liberazione di Raqqa (ottobre 2017) e la fine del 2018. In questo lasso di tempo infatti IS ha attraversato una profonda metamorfosi, sia per quanto riguarda l’aspetto territoriale che comunicativo. Nel primo caso si è osservata una forte contrazione nel quadrante siro-iracheno, solo in parte controbilanciato dalla resistenza di altre realtà regionali sparse per il globo. Nel secondo, l’apparato comunicativo è dovuto ricorrere a diverse strategie di adattamento, concentrandosi sia sul resistere alle azioni di contrasto intraprese da Stati e agenzie di comunicazione che di offrire ai seguaci di IS strade alternative per associarsi, informarsi e progettare attacchi. Questa analisi esplicita infine come la lotta contro IS non possa essere fondata unicamente su parametri quali la percentuale di territorio liberato o numero di prodotti mediatici cancellati e rimarca la necessità di un approccio più ampio per affrontare non solo il “gruppo Stato Islamico” ma anche il “fenomeno IS”.
Keywords
Stato Islamico, comunicazione, territorio, eredità.
Abstract
The international counter terrorism paradigm is being increasingly contextualized in the framework of sustainable development through civilian and rule of law-based policies shaped around the objective of preventing violent extremism. The recruitment and exploitation of children by terrorist organizations provides an urgent opportunity for the concretization of legal obligations and principles endorsed by the international community. The application of counter terrorism measures in cases involving children remains ambiguous at country level, despite clear international norms. There is a risk that the children’s rights may be overshadowed by the emergency nature of terrorism. Countries’ practitioners must pursue responses which consider the status of children even when they are liable for terrorism-related offences. Specific circumstances ranging from the prevention of exploitation by terrorist groups, including in educational settings, justice system responses tailored to the cases of children, the risks posed by the nuanced FTF phenomenon and the international legal provisions thereof, are scenarios where the rule of law-PVE vision becomes critical for sustainable response to terrorism.
Keywords
Counter Terrorism, Children’s rights, Preventing Violent Extremism, Rule of Law, Human Security, Foreign Terrorist Fighters, Armed Conflicts.
III. Crisis Management
Arianna Piacentini, Social media e cultura convergente: nuove applicazioni del Crisis Management
Abstract
I social media sono diventati strumenti fondamentali durante i processi di Crisis Management, sia nella fase di risposta all’emergenza, sia nella fase di prevenzione e pianificazione. La flessibilità di queste piattaforme permette di elaborare strategie comunicative diverse che tengono conto degli scenari che possono verificarsi in riferimento ai rischi propri di ciascun territorio. Coombs e Holladay (2012) definiscono la Crisis Communication come la raccolta, il trattamento e la diffusione delle informazioni necessarie per affrontare una situazione di emergenza. I mezzi di comunicazione, in particolare i social media, se integrati nei modelli e nelle pratiche esistenti di Crisis Management, permettono di raggiungere un equilibrio tra capacità di diffusione delle informazioni e possibilità di interpretare correttamente i rischi legati alla crisi. La comunicazione online infatti facilita il raggiungimento di un alto tasso di interattività, rendendo virale un messaggio attraverso il meccanismo della condivisione su molteplici piattaforme. Questi canali online sfruttando il fenomeno della convergenza digitale, che consente la partecipazione di diversi attori sociali, permettono la creazione di una conoscenza condivisa della crisi e una maggiore consapevolezza collettiva, promuovendo lo sviluppo di una comunità partecipante e resiliente.
Keywords
Social media, Crisis Management, cultura convergente, partecipazione.
Abstract
I disastri naturali presentano attualmente diverse e complesse sfide per la società che vanno oltre le capacità di una singola organizzazione e che quindi richiedono l’operato congiunto di più attori nel quadro della riduzione dei rischi derivati da disastri ambientali. Ricerca precedente in questo ambito sottolinea la complessità di tali problemi ed enfatizza la necessità di una collaborazione proattiva e preventiva tra diverse organizzazioni su diversi livelli di governance.
Una delle migliori soluzioni a questo drammatico problema è stata riscontrata nello sviluppo di networks di riduzione dei rischi derivati da disastri ambientali dove conoscenze, informazioni e competenze possono essere scambiate tra diversi esperti operanti in campi attinenti alla riduzione dei rischi ambientali. Con l’approvazione del Sendai Framework for Disaster Risk Reduction (SFDRR) nel 2015, la necessità di ridurre tali rischi tramite prevenzione, comunicazione del rischio ed educazione ambientale si è tramutata in una eco sempre più incalzante e risonante a livello globale. Questo articolo si propone l’obiettivo di investigare le relazioni che intercorrono fra vari attori operanti nel campo della riduzione del rischio sismico nella regione Abruzzo, in centro Italia. Tramite interviste con esperti della Protezione Civile Abruzzo e con collaboratori degli stessi, la ricerca si snoda su alcuni punti principali: meccanismi adottati dalla Protezione Civile Abruzzese durante tempi di pace per aumentare la consapevolezza della società riguardo il rischio sismico. Ricerca precedente in questo ambito si è largamente concentrata sull’analisi del grado collaborazione di determinati attori (inclusa la Protezione Civile Abruzzese), durante un’emergenza o una crisi. Al contrario questo studio si propone di analizzare le così dette attività non strutturali di prevenzione messe in atto dalla Protezione Civile Abruzzo in tempi di regolarità. La comunicazione del rischio e l’educazione ambientale sono considerati fattori cruciali delle attività non strutturali volti ad aumentare la consapevolezza della società nel suo complesso riguardo i rischi sismici che potrebbero riscontrarsi in regione. Questi elementi sono anche determinanti per il successo di un progresso nel campo della riduzione dei rischi derivati dai disastri ambientali. Interessanti spunti forniti da esperti nel campo e consigli su come la comunicazione del rischio dovrebbe articolarsi nell’immediato futuro sono riportati dall’autore.
Keywords
Disaster Risk Reduction, Prevention, Risk Communication, Environmental Education, Network Analysis.
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